Secondo album della band finlandese e (è giusto che si dica) secondo capolavoro dei cinque bambini del Bodom. Se il primo "Something Wild" è il miglior biglietto da visita che una band può presentare al mondo, questo "Hatebreeder" è la defitiva consacrazione di uno dei gruppi più innovativi nel panorama del Metal. Il genio del cantante/chitarrista Alexi Laiho si manifesta in tutto il suo splendore, le composizioni diventano più imponenti e maestose rispetto a quelle del precedente album, anche se viene privileggiata la tecnica dei musicisti rispetto alla violenza della musica.
Il "monumento alla violenza barocca", come io amo definire quest album, si apre alla grande con una trascinante "Warhearth", che ci introduce al primo brano da tramandare ai metallari di domani, "Silent Night, Bodom Night", dove il grande Laiho e il tastierista Janne Warman si lanciano in una gara alla nota più veloce, alla fine della quale i due giungono al traguardo insieme. Si continua con l'altro grande brano, "Bed Of Razors", le cui atmosfere neoclassiche, coadiuvate da un bellissimo effetto-clavicembalo di Warman, sembrano trasportare l'ascoltatore in una realtà di altri tempi. "Toward Dead End" e "Children Of Bodom" sono le altre due tracce in cui i finlandesi raggiungono alti picchi nella tecnica e nella composizione. Ma ecco il capolavoro nel capolavoro, "Downfall", l'elevazione ultraterrena e l'imponenza di laiho e soci concentrata in poco meno di cinque minuti di pura estasi.
Un album come pochi e putroppo forse uno degli ultimi gioielli che i Children Of Bodom ci sapranno dare. Purtroppo molte volte la storia non si ripete due volte.
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