La storia della musica rock è costellata di personaggi straordinari che sono rimasti incastrati in una sorta di limbo noto ad una ristretta cerchia di ammiratori mentre figure mediocri sono riuscite a farsi conoscere dal mondo intero. Della prima categoria fa senz'altro parte Snakefinger, apprezzato dagli appassionati dei californiani Residents per il lavoro svolto come chitarrista di sostegno a quel gruppo surreale e trasgressivo.
Gli stessi dischi solisti incisi dal nostro durante quel periodo di fertile collaborazione (1976-1987 anno della sua morte per arresto cardiaco) risentono fortemente della pazzoide impronta Residentiana fino a convertire la sua chitarra al verbo elettronico e computerizzato come un piccolo Beefheart che spezzetta e ricompone ardite contaminazioni: il krautrock e Nino Rota, la polka e Morricone.
Quella " intellettualoide" è una delle due vite straordinarie di Snakefinger. Gia', perché ce n'è una prima completamente diversa, e direi ancora meno conosciuta, che invece abbracciava tesi completamente opposte, addirittura ignoranti. Phil Lithman era gia' soprannominato "dita di serpente" per la sua straordinaria abilità a manovrare qualsiasi strumento a corda quando agli inizi degli anni settanta si esibiva nei pub inglesi assieme all'altro chitarrista Martin Stone. Chiome lunghe e giacche hippie per confezionare una musica ottimale per far bere e ballare i frequentatori delle birrerie, come del resto facevano gli altri gruppi del genere, Brinsley Schwarz, Ducks Deluxe, Dr. Feelgood, tutte band che faranno da padrini alla seconda ondata del pub rock, composta da formazioni come i Rumors di Graham Parker o i 101'ers di Joe Strummer.
I Chili Willi and the Red Hot Peppers sono dunque un gruppo ignorante e ne vanno fieri, infatti sulla copertina di questo secondo e ultimo album del 1974 si legge "...se doveste sentire la parola cultura su questo disco restituitelo come prodotto difettoso" Ma quello che li rende diversi dal resto delle pub band inglesi di quel periodo imbevute di british blues, è la netta influenza country e west coast americana: steel guitar, dobro, bandurra, perfino il fiddle sono sapientemente manovrati da Phil assieme a Martin. Stavolta con l'aiuto di una vera e propria band, il batterista Pete Thomas (che finirà negli Attractions di Costello), il bassista Paul Ryley, il sassofonista P.C. Bayley e quattro Peppertes ai cori, mettono su un gran disco di musica roots che rispetto al primo (Kings of the Robot Rhytm, 1972) risulta più potente, elettrico e soprattutto corale.
Escluso il travolgente boogie d'annata posto all'apertura che invita alla danza, il resto dell'album è una splendida cavalcata sonora che fa pensare agli intrecci westcoastiani con melodie vocali e slide alla New Riders of Purple Sage ("We Get Along" e "Truck Driving Girl") o tipo CSN&Y (la stupenda "Desert Island Woman") e addirittura rimandano ai Grateful Dead (la sognante ballad "All in a dream" che mi fa venire in mente l'immortale "Sugaree" di mastro Garcia). In più sciolte nei solchi si trovano rock -blues dalla matrice chitarristica urbana ("Jungle Song") , gighe infernali con fiddle e steel guitar per far sfogare i cowboys dopo una giornata di lavoro ("Fiddle Diddle") e robusto blues rock elettrico per far rivivere un traditional come "Just Like the Devil". Vi assicuro che gli amanti di questo genere di musica troveranno sul piatto un disco magnifico fatto con una grande passione e competenza musicale tanto che è davvero difficile pensare sia opera di una pub band britannica anzichè di un gruppo confederato a stelle e strisce.
A questo punto chi conosce esclusivamente lo Snakefinger del periodo innovativo Residents, sarà davvero stupito di trovarsi di fronte ad una musica completamente diversa che affonda a piene mani nella tradizione. Ma ci sono due segnali che fanno capire che qualcosa già comincia a frullare in modo non del tutto normale nella testa di Phil Lithman. La stramba melodia jazzata con dialogo tra voce solista e coretti zappiani di "Breathe a Little" e la copertina del disco: due personaggi stile anni trenta escono dal bidone della spazzatura a guardare perplessi un giapponese travestito da gatto sotto gli occhi fiammeggianti dei ratti della discarica...
E' il preludio per Snakefinger al trasferimento in California alla corte dei Residents (suona gia' in "Fingerprince" del 1976) per addentrarsi nelle alchimie strumentali e surreali delle quali qualcuno nel passato aveva indicato la via giusta al folle grido di "That's right, the Mascara Snake! Fast'n' bulbous!" Nel paese delle creature selvagge ha inizio la seconda straordinaria vita di Philip " Dita-di-Serpente" Lithman, passato dall'ignoranza roots dei Chili Willi al genio futuristico dei Residents. E vista l'adorazione di quella combriccola misteriosa verso il capitano Cuordibue, sono sicuro che durante le sessions sia risuonata ancora una volta la magica formula.
"That's right, the Snakefinger! Fast'n' bulbous !"
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