Dopo l'indistinto debutto ''Pass Out Of Existence'' i fan del metallo non erano troppo entusiasti degli americani Chimaira. Non foss'altro perchè tra tutte le forme del metal possibili avevano scelto la peggiore, il nu-metal, guardandosi ben bene dal distinguersi da essa.
Inaspettatamente (e fortunatamente aggiungo) la svolta.
2003: il successivo ''The Impossibility Of Reason'' piomba sulla Terra soprendendoci anzichenò; l'elettronica scompare quasi completamente e viene relegata a mero accompagnamento lasciando il campo a ritmiche quadrate (''Pure Hatred'') e sfuriate in blast-beat ai limiti col death (la slayeriana ''Power Trip'' e l'opener ''Cleansation''); fanno anche capolino ammirevoli assoli carichi di ardore e bagliori di melodia spruzzati nella giusta misura (''Down Again'').
L'intensità dell'album mi fa tornare spesso alla mente i Soulfly, specie quelli di "Prophecy", per il groove e la sperimentazione sonora: laddove Max Cavalera esplora lidi etnici che hanno a che vedere con la madrepatria ( ma arrivano distintamente fino all'Egitto), i Chimaira inseriscono voci pulite e contorni malinconici degni di un certo retrogusto made in Alice In Chains (''Eyes Of A Criminal''). In questo contesto sguazza la schizofrenica prova di Mark Hunter dietro il microfono, dotato sia di un growl devastante che di un timbro pulito assai caratteristico anche se non limpidissimo (''Pictures In The Gold Room'').
Tutto perfetto allora? Cinque pallini? Non proprio direi.
La seconda parte del lavoro balbetta notevolmente, perde effervescenza e scivola -ahinoi- verso il basso; tracks quali ''Crawl'', ''Stigmurder'' piuttosto che ''Overlooked'' non reggono il confronto con la prima parte del platter anche se -e questa è una buona notizia- non stramazzano mai troppo nelle melmose profondità nu-metal. Da elogiare la canzone che chiude dopo quasi un'ora il platter, vale a dire ''Implements Of Destruction'': 13 minuti 13 di vortici strumentali (e la sensazione, al minuto 1.20, che il disco si inceppi salvo ricredersi pochi istanti dopo) che farà la gioia di tutti coloro che hanno amato alla follia le cavalcate strumentali degli '80 (eviterei citazioni a rischio-linciaggio). Da sottilineare -infine- la smaliziata produzione e il mixaggio di Colin Richardson che fanno risaltare al meglio la volontà di distruzione dei nostri.
The "Impossibility Of Reason" risulta, in definitiva, vigoroso e divertente allo stesso tempo, non impeccabile ma onesto e personale. Di sicuro il lavoro adatto per i neofiti che vogliono entrare in collisione, per la prima volta, con i micidiali tizi dell'Ohio.
Alzate il volume e HEADBANGING a volontà!!
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