Distaccarsi dalle etichette non è mai facile, soprattutto in ambito musicale. I Chiodos per anni sono sempre stati identificati nel e rappresentati dal carismatico front-man Craig Owens. Questi un bel giorno ha deciso di dedicarsi a tempo pieno ad uno dei suoi tanti progetti paralleli, cosicchè i restanti quattro componenti del gruppo sono dovuti correre ai ripari, chiamando a sostituirlo il semi sconosciuto Brandon Bolmer, già cantante dei Yesterday's Rising. Se poi ci aggiungiamo anche un cambio alla batteria, le attese intorno al neo-quintetto del Michigan per il nuovo album, distante tre anni dal pluripremiato Bone Palace Ballet, erano molte e, come succede in questi casi, era legittimo non aspettarsi tanto.
Dopo l'immancabile intro arriva subito la potentissima "Caves" a dissipare ogni dubbio: i Chiodos ci sono ancora e Brandon Bolmer ancora di più. Intendiamoci, la voce rimane sempre molto acuta e fanciullesca alla Owens, ma si integra molto di più con la parte strumentale. Vengono abbandonati gli eccessivi barocchismi che avevano caratterizzato i lavori precedenti, nei queli sembrava che ogni componente andasse un po' per la sua strada, e si fa' avanti una compattezza sonora, dovuta anche al largo uso che viene fatto di tastiere, che per gli ascoltatori della band è un'assoluta novità. Se si aggiunge un songwriting preciso e minuzioso e una produzione a dir poco perfetta, il gioco è fatto.
Le tracce che si susseguono, pur attenendosi ad un copione simile tra loro, presentano una struttura mai banale, con continui cambi di ritmo e quei virtuosismi che avevano contraddistinto le produzioni degli anni passati, ma senza mai eccedere. Questa grande corposità del suono presenta però qualche lato negativo, che salta subito all'orecchio già dopo cinque-sei brani, quando il tutto inizia a diventare un po' troppo pomposo; un paio di pezzi più lenti o quanto meno con una sonorità meno intensa, avrebbero aiutato. Piccolo esempio: la decima traccia "Stratovolcano Mouth" contiene un breakdown davvero potente e ben fatto, che però tende a non farsi notare, proprio perchè l'orecchio inizia già ad essere stanco. Ecco i breakdown. Sono loro che secondo me fanno la vera differenza tra un buono e un ottimo gruppo. Qui, senza esagerare, il combo di Davison riesce a farsi apprezzare anche nei momenti in cui c'è da scuotere la testa. Ma niente tamarrate alla Bring Me The Horizon, la classe e la tecnica la fanno comunque da padrone. Leggermente diversa dalle altre è "Notes In Constellations", un brano per certi versi unico nella discografia dei Chiodos, con un Bolmer che riesce a dare il meglio di se in questa pseudo canzone d'amore, che si snoda attraverso una serie di riff che vanno addirittura a scomodare i Circa Survive e le loro atmosfere oniriche.
In definitiva una delle migliori uscite del 2010, anche tenendo conto della grande curiosità che si era mossa intorno al gruppo e, se si pensa alla giovanissima età della band e al potenziale che hanno da esprimere, siamo a posto per diversi anni.
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