Innanzitutto ribadisco la mia stima per Chris Cornell e per ciò che ha rappresenato, nonostante il voto espresso in pallini lasci intendere che questa recensione non sia propriamente positiva. Cantante straordinario, frontman carismatico e compositore estremamente dotato, durante gli anni di militanza nei Soundgarden fu il deus ex machina di capolavori come "Louder Than Love" e "Superunknown". Per non parlare del suo eclettismo: si pensi che fu anche il leader dell'estemporaneo e leggendario supergruppo Temple Of The Dog (con lui il fido Matt Cameron e i tre quinti degli allora nascenti Pearl Jam), nonché il principale autore dell'ottimo album omonimo. Grazie al suo talento poliedrico e prolifico, egli è divenuto a buon diritto un'icona del rock a stelle e strisce degli ultimi venti anni. Ma purtroppo con l'andare del tempo la creatività si esaurisce e alla regola non è sfuggito nemmeno lui. D'altronde i primi sintomi del suo declino artistico si ravvisavano già in "Down On The Upside" (1996), l'ultimo e modesto episodio della saga soundgardeniana. La conferma di tale declino arriva prontamente con il suo esordio in proprio, "Euphoria morning", pubblicato nel 1999.
L'opener "Can't Change Me", singolo orecchiabile ma di certo non eccelso, non lascia dubbi: Chris ha rinunciato alle rigogliose e torbide trame hard rock che caratterizzavano i lavori della band da cui proviene. Voi direte: "Cosa c'è di male?". Niente, dico io. Del resto è comprensibile che dopo tanti anni di onorata carriera un artista senta l'esigenza di cambiare, di esplorare nuovi orizzonti... E allora perché essere così severi? Semplice: perché i risultati non sono all'altezza. Fatta eccezione per "Preaching The End Of The World", ballata unplugged un pò lacrimevole ma tutto sommato apprezzabile, i pezzi pregiati sono quelli maggiormente legati al passato di Cornell: una "Flutter Girl" che non venne inclusa in "Superunknown" e la cui matrice è chiaramente riconoscibile, nonostante un arrangiamento più idoneo ai toni sommessi ed intimisti dell'album, e l'addirittura splendida "Follow My Way", poderoso midtempo a metà tra il terzo lp del Dirigibile e rock nerboruto all'essenza di Giardino Del Suono. Un pò paradossalmente, nei credits di questi ultimi due brani figurano gli amici e colleghi Natasha Shneider (autrice di "Pillow Of Your Bones", altro pezzo degno di nota) e Alain Johannes, che peraltro partecipano alla produzione del disco: è come se facessero da mediatori tra il vecchio Chris, quello della gloria e della fama, e quello nuovo, troppo precipitoso nel voler dimostrare al mondo intero di riuscire a camminare sulle proprie gambe. E infatti nel resto dell'opera le cadute sono frequenti.
Come principale fonte d'ipirazione è stato spesso citato Jeff Buckley, amico personale dell'autore peraltro omaggiato nel disco (la canzone dedicatagli è "Wave Goodbye", un torpido funk in cui sembra quasi di sentire dei Red Hot Chili Peppers narcolettici). Effettivamente sembra che il suo spirito aleggi su certe sonorità rarefatte ed aeree ("Steel Rain" ne è un esempio), ma ciò che manca al Chris Cornell solista rispetto al suo referente sono classe e credibilità. Jeff Buckley sapeva ammaliare, commuovere ed emozionare, il Nostro invece non convince, spesso annoia. Altrove tenta senza successo di rinverdire gli antichi fasti del Tempio Del Cane e ciò accade soprattutto in "When I'm Down" e "Mission": la prima è un'estenuante lagna soul-blues che ricalca grossolanamente preziose ballate come "Say Hello 2 Heaven" e "Call Me A Dog", la seconda è una pallida e succinta scopiazzatura di "Reach Down", per la quale, tuttavia, vige il concorso di colpa, dacché è stata concepita assieme ai suoi due collaboratori.
In un contesto semi-cantautorale, Cornell sembra aver ripetuto la formula di "Down On The Upside": una manciata di canzoni pregevoli, per il resto una scrittura involuta e poco incisiva. Un pò poco, per uno come lui. Per questo opto per un voto così basso, anche se in verità l'album meriterebbe almeno mezzo pallino in più. Il mio è più che altro un giudizio sull'artista, che, come già detto, non è ancora pronto ad avventurarsi nella carriera solista. E' stato legittimo da parte sua provarci, ed è altrettanto legittimo da parte degli ascoltatori giudicare. Ed il mio parere è che questo Chris Cornell sia decisamente sottotono.
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