Uno dei principali motivi di attrito tra me e i miei interlocutori soliti, quando discuto di cinema, è la mia mancata grande passione per quello che è considerato uno dei capolavori dell'arte cinematografica, cioè 'The Godfather' di Francis Ford Coppola.
Parliamo oggettivamente di un film fondamentale e che ha fatto la storia del cinema drammatico e noir. 'Il padrino' ha vinto tre Premi Oscar (miglior film, migliore attore protagonista, migliore sceneggiatura non originale), cinque Golden Globe; è una delle opere cinematografiche più influenti della storia di tutti i tempi; il personaggio di Vito Corleone è praticamente perfetto e l'interpretrazione di Marlon Brando magnificente. Senza considerare quella di Al Pacino e del resto del cast che è praticamente stellare: da James Caan a Robert Duvall fino all'indimenticato John Cazale...
Voglio dire, parliamo sicuramente di un capolavoro, su questo punto non discuto, ma questo non basta perché io lo annoveri tra i miei film preferiti.
Una delle ragioni possibili è che io abbia visto il film così tante volte che alla fine non mi va più di rivederlo.
Questo tuttavia vale anche per altri film che invece continuo a considerare dei capolavori e continuo a considerare tra i miei film preferiti.
Va precisato del resto che in via generale non riguardo gli stessi film.
Del resto non avendo una televisione, non affido la mia eventuale visione di un'opera cinematografica al 'caso' o più semplicemente alla programmazione tv, ma a scelte mirate e la conseguente ricerca del giusto canale dove poter vedere il film via streaming.
Quindi la ragione per quello che riguarda 'Il padrino' è fondamentalmente un'altra.
Cioè si tratta di un'opera drammatica più che valida, ma che secondo i miei gusti e pure considerando che sono in via generale interessato ai film che possono trattare di gangster e 'malavita', è troppo romanzato.
Non è una question di tempi, non pretendo sicuramente di vedere un film di azione in ogni caso e sul piano dei gusti cinematografici sono molto flessibile, praticamente credo di apprezzare ogni tipo di genere (se escludiamo i film sui supereroi, quelli in via generale proprio non mi piacciono, salvo rare eccezioni che ci sono sempre), ma le atmosfere del film, il modo pure profondo e dettagliato in cui vengono tratteggiate le dinamiche familiari e psicologiche dei diversi soggetti non mi piacciono.
Semplicemente non hanno il mio apprezzamento.
Voglio dire: in fondo parliamo di una famiglia di mafiosi. Eppure questa cosa appare passare completamente in secondo piano, diviene a un certo punto quasi irrilevante e passa sullo sfondo rispetto alla psicologia dei personaggi e le loro storie individuali. Come se queste potessero in qualche maniera svilupparsi autonomamente dal loro ruolo.
Non c'è una condanna da parte del regista nei confronti di questi personaggi. Del resto non è affatto nei suoi interessi: racconta la storia come se stesse raccontando un'opera drammatica classica come ad esempio 'I promessi sposi' di Alessandro Manzoni.
Questo non priva 'Il padrino' di quella che è la sua grandissima dignità e autorevolezza come opera cinematografica in senso assoluto naturalmente e chiaramente questo è solo il mio punto di vista che come tale mi rendo conto potrebbe benissimo non essere condiviso e persino causare discussioni e polemiche presso la nutrita platea di grandissimi estimatori del film di Francis Ford Coppola e l'intera trilogia.
'Hitler: The Rise of Evil' (tradotto in italiano come 'Il giovane Hitler') è un film oppure una miniserie TV in due puntate cui riconosco le stesse caratteristiche de 'Il padrino' come tipologia di opera cinematografica e questo sebbene apparentemente i due generi dovrebbero essere lontanissimi, trattandosi in questo caso (il regista è Christian Duguay) di quello che alla fine è un film storico.
'The Rise of Evil', una produzione congiunta di Stati Uniti e Canada, ha ad oggetto la storia di Adolf Hilter, interpretrato dall'attore britannico Robert Carlyle, dalla sua infanzia fino a praticamente la presa del potere dopo quella che è nota come 'notte dei lunghi coltelli' e in cui il neo-Cancelliere si libererà di tutti i capi delle SA, compreso il suo storico amico e alleato Ernst Rohm; fino al momento in cui a seguito del decesso del presidente Hindenburg egli accopertà alla sua carica di cancelliere anche quella di presidente del Reich autonominandosi in pratica Fuhrer del Terzo Reich.
Il film comincia la narrazione dall'infanzia del giovane Adolf in Austria e dal difficile rapporto con il padre Alois, un uomo dai modi rudi e violenti e che aveva sposato una sua nipote, la madre di Adolf, una donna umile e sottomessa al marito e che cerca timidamente di contrastare il marito nell'incoraggiare la passione per l'arte del figlio.
Una volta cresciuto Adolf si trasferisce a Vienna in cerca di fortuna e dove cercherà di affermarsi come artista, ma con sua grandissima frustrazione troverà tutte le strade sbarrate.
Secondo la storia raccontata in questo film e secondo le ricostruzioni storiche corrisponde a questo periodo, la nascita del suo astio nei confronti degli ebrei, visti come coloro che detengono il potere economico e finanziario e contro i comunisti e in particolare i socialdemocratici, che spesso Adolf identifica in un'unica categoria. Sono loro che detengono il potere e sono loro che impediscono al popolo germanico (primariamente in questo fase a egli stesso) di esprimere pienamente tutti i propri valori.
Va detto in tal senso che effettivamente Vienna in quel periodo era la vera e propria capitale del mondo occidentale, un vero crogiuolo di culture provenienti da tutta Europa e dove il giovane Adolf, che sin da giovanissimo era apparso come carico di rabbia, nella sua piccolezza finirà con l'essere schiacciato, desiderando con ardore di ottenere rivalsa.
Prenderà successivamente parte alla prima guerra mondiale, dove si guadagna la 'Croce di ferro' e la promozione a caporale; quindi viene ricoverato in ospedale militare dopo essere rimasto temporaneamente accecato da un attacco a base di gas mostarda.
È qui che con grande rabbia e frustrazione apprende della resa incondizionata della Germania e del Trattato di Versailles e secondo il film è qui che Adolf Hitler deciderà che egli sarebbe diventato protagonista della rinascita della Germania di fronte al mondo.
Il resto della storia è per lo più noto: Hitler prende parte a alcune sessione del Partito Tedesco dei lavoratori in veste di informatore per la polizia, ma invece finisce che egli stesso ne diviene rapidamente il leader in virtù delle sue grandi capacità come oratore.
La sua ascesa sul piano politico, sostenuta anche dai gruppi imprenditoriali tedeschi e in particolare dall'imprenditore Ernst Hanfstaengl (Liev Schreiber), è inarrestabile e dopo avere anche ottenuto con il sostegno economico, quello diciamo 'attivista' degli squadristi delle SA, capitanate Ernst Rohm, tenterà nel 1923 di compiere un colpo di stato, il famoso 'Putsch di Monaco', in seguito al cui fallimento sarà incarcerato.
Nel periodo di detenzione si dedicherà alla stesusa del 'Mein Kampf' e una volta uscito, dopo un periodo di ritiro in campagna, ritorna attivamente alla carica in politica fino a ottenere prima la carica di Cancelliere del Reich e successivamente come detto il potere assoluto, accorpando nella sua figura anche la carica di presidente.
La ricostruzione di questi ultimi passaggi è abbastanza accurata, come del resto tutte le fasi che porteranno Adolf Hitler da essere un semplice reduce soldato della prima guerra mondiale a Fuhrer del Terzo Reich, ma il film si sofferma in particolare su alcuni aspetti che non possiamo considerare esattamente 'storici', perché sebbene parte della storia vissuta di Adolf Hitler, per lo più riguardanti la sua sfera personale che quella politica e militare.
Tra questi le sue relazioni proprio con Ernst Hanfstaengl e con Ernst Rohm, quello con Joseph Goebbels, inizialmente un suo rivale, che arriva al punto di volerlo sfidare per ottenere la guida del partito e successivamente suo braccio destro fino alla fune come suo ministro della propaganda.
Vengono trattate con cure le relazioni di Adolf Hitler con quelle che si ritiene furono le tre donne della sua vita: Helene Hanfstaengl, la moglie del suo amico e 'mecenate' Ernst, che lo salverà dal suicidio al momento del suo arresto dopo il tentato Putsch; la nipote Geli, figlia della sorellastra Angela, e che lui soffocherà con i suoi comportamenti violenti e ossessivi, costringendola al suicidio (anche se le circostanze non sono mai state chiarite del tutto, c'è chi sostiene che fu uccisa e forse proprio dallo stesso Hitler); quindi quello con Eva Braun, sulla quale rivolgerà la stessa violenza e gli stessi comportamenti di carattere ossessivo che avevano caratterizzato la sua relazione con Geli e la compagna che gli sarà affianco fino alla morte e che sposerà nell'ultimo giorno della sua vita.
In un film che sicuramente si lascia vedere con piacere (del resto si tratta di una miniserie in due episodi di 90 minuti ognuna) Hitler ci viene descritto per lo più per quelle che sono le sue caratteristiche sul piano caratteriale e per quello che è il suo comportamento nella vita privata, punto di vista diciamo 'inedito' per un film sul personaggio e che forse costituisce da una parte una ricchezza dell'opera e dall'altro il suo limite.
Nondimeno va detto che non mancano ricostruzioni sulla sua carriera politica e sull'insistere sul punto che egli fosse soprattutto un politico e una specie di 'stratega' più che un militare vero e proprio (cosa che poi infatti porterà alla rottura con Ernst Rohm e le SA) e in cui l'uso della violenza e l'ispirazione militare costituiscono dei mezzi per ottenere il consenso tanto quanto la propaganda e le sue capacità oratorie.
Particolarmente apprezzato il riferimento a una figura poco ricordata dalla storia, cioè quella del giornalista Fritz Michael Gerlich, nel film interpretrato da Matthew Modine e di cui viene ampiamente descritto e trattato il profilo e le vicende, anche personali relativamente ad esempio il suo rapporto con la moglie Sophie.
Gerlich fu uno dei più autorevoli e convincenti esponenti della resistenza tedesca antinazista negli anni trenta.
Di orientamento cristiano-liberale, fu uno dei primi, come direttore del principale quotidiano della Baviera, il Muncher Neueste Nachrichten, a porre la propria attenzione sulla ascesa di Adolf Hitler e sottolineandone la pericolosità. Fu da subito uno dei suoi principali critici e oppositori e questo lo porterà presto a essere dimesso dal suo incarico.
Continuerà tuttavia la suaopera fino alla fine, quando nel 1933, dopo la presa del potere da parte di Hitler, fu arrestato dalle SA di Ernst Rohm e incarcerato nel campo di concentramento di Dachau dopo morì fucilato un anno dopo.
Non è un capolavoro, ma tratta la figura di Adolf Hitler le vicende in una maniera inedita, sicuramente romanzata e a tratti forse anche in maniera ingenua (ad esempio quando viene spiegato come arriverà a scegliere i baffi e la svastica come suoi segni di riconoscimento) e tratta in qualche modo vicende che sono esse stesse 'inedite' rispetto agli altri film sul personaggio e questo al di là di quello che può essere il proprio giudizio o apprezzamento sulla cosa, è uno dei motivi a renderlo sicuramente interessante.
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