"Ben presto ho scoperto che nessun evento viene mai raccontato correttamente dai giornali" G. Orwell
Bisogna sempre separare i fatti dalle opere che li descrivono.
In questa graphic novel del giovane Christian Mirra dal titolo "Quella notte alla Diaz" (Guanda Graphic Edizioni - 90 pag - 16 €) si narra a fumetti l'esperienza capitata all'autore, presente a Genova quella triste giornata del 21 luglio 2001, durante l'attacco delle forze dell'ordine alla scuola Diaz di Genova. Uno dei fatti più vergognosi e disumani mai compiuti dalla Polizia di Stato di un Paese europeo. Un fatto increscioso che, come succede spesso in Italia, è partito con una tragedia ed è finito in farsa, dopo la quasi totale assoluzione degli imputati e che, anzi, ha decretato una forma di successo personale per i vertici della polizia che sovrintendeva quei giorni, permettendo loro una strabiliante carriera nel corpo di Polizia. Tutto rigorosamente documentato nel libro.
Ricordare questo fatto era sicuramente doveroso dato che gli italiani hanno sempre la memoria corta in queste cose, l'unica cosa è che l'operazione risulta riuscita solo in parte e vi spiego perchè.
In primis c'è la parte prettamente grafica e fumettistica dell'autore che non è maturo come tratto e presenta elementi di discontinuità evidenti con tecniche dubbie e incerte (si ispira evidentemente a Crumb e al primo Moebius ma giusto per dare un riferimento), compreso la scarsa capacità di rappresentazione della figura umana (non ha purtroppo la genialità di un Andrea Pazienza che sapeva muoversi con disinvoltura da un cartoon a una figura umana realista dimostrando qualità eccelse in entrambi i casi!).
Ma fino a lì, pazienza... c'è sempre spazio per migliorare.
In secondo luogo, la sceneggiatura che latita in diversi punti. Il fatto peculiare in sè, per esempio, cioè l'assalto alla Diaz, viene banalmente rappresentato e ridotto a sole 9 tavole (un capitolo), tutte rigorosamente viste in soggettiva dall'autore e che danno poco il senso della dinamica e la gravità dell'intera operazione. Il resto è la descrizione dell'antefatto. la convalescenza e l'attesa della sentenza ecc. Insomma, poca cosa o comunque la parte meno interessante, se vogliamo, fumettisticamente parlando.
Salvo in pieno, invece, il gioco di immagini sfuocate di certe scene causa la rottura degli occhiali da parte del raid punitivo e i momenti di introspezione dell'autore che, in ospedale, è combattuto tra il senso di colpevolezza e la paura (fondata) di essere entrato in un meccanismo kafkiano da cui non vede soluzione.
Insomma, il progetto poteva essere davvero qualcosa di originale e maturo mentre così, si avverte un'operazione riuscita in parte o... solo a metà.
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