Toda Fusao e Yamazaki Maso, sono anche (tra l'altro) rispettivamente, l'una titolare del negozio di dischi più fottuto del mondo, Freak Scene, Osaka, e l'altro il manager presso una casa discografica la cui sola pronunzia del nome mette i brividi (in che cosa sia specializzata la Alchemy, il cui responsabile vendite è il placido Maso(ch), non lo scrivo neppure e guai a chi non ha mai comprato neppure un adesivo da questi ceffi).
Potendo godersi un po' di riposo, certamente si sceglierebbero un oasi tropicale, dove suggere long drinks dai nomi prestigiosi in afosi lunge-bars dall'aspetto promiscuo o dove forse, solamente, godere l'infinito del mare di vetro al tramonto, ascoltare l’infrangersi delle onde e poi perdere il punto di fuga.
La notte si aprirebbe come un ostrica, rivelando la sua perla lunare tra festini di funky torrido, set di exotica polverosa, trenini con vecchi James Bond Theme e canzonette beat a forte propulsione sessuale.
Forse. Ma in Giappone non si ride Mai.
Perciò il carpentiere dell'harsh, seppure travestito da orchestrante sixties, si imbosca per le feste in un disco di Easy listening e si prodiga, all'improvviso, con escavazioni per trivelle di moog, landscape di pura desolazione per tastiere da fantascienza cinematica, poltiglie Drum und Drang Harmonia AAG, elettronica russa pre-sputnik e distorsioni varie ronzanti.
Se potessimo combinare gli opposti in una categoria mentale, allora forse saremmo in grado di capire se il trapano da dentista sta bene sul funky-Cibo Matto di "Mondo Nude Mode" oppure, forse, potremmo spiegare come l'apparente tammuriata iniziale di "Groovy Spacy '70" possa poi degenerare in uno scenario che prima invita Pharoah Sanders a farsi due soffi e poi lo spinge giù dal palco con vibrazioni plunder, frequenze ultrabasse, esplosioni di synth e fritture di elicotteri Stockhausen.
La combo tra l’isolazionismo di Maso, qui appena più educato del consueto noise bastardo, e le stupide false ritmiche dalle tinte fosche che continuano imperterrite ("Pulse on Pulse") fa incazzare e entusiasmare, a meno di non esultare proprio, estenuati, su “Insect Voice” e "New Dawn for Crystal Planet", poco più di un minuto, dove il solo rimbombo di uno dei più integralisti musicisti del mondo è un eco a-spaziale che lascia a ginocchia tremanti.
Conclusioni, due:
la prima è che sarebbe bene NON iniziarsi all’ascolto di Masonna con questo, commettendo così l’errore di pensare che in fondo sia possibile. Masonna non è possibile, a meno di non sapere a cosa si va incontro.
L’altra è che l’idea di affidare le tastiere dell'orchestra esotica e coloniale di Arthur Lyman alle distorsioni meteoritiche di Masonna ("Hypnosis") è una follia tanto sconsiderata da potere essere perfettamente logica e “quasi” coerente, la quale deve essere premiata e venerata a prescindere, anche se il risultato è un cannone noise che spara palline di coriandoli per i party del futuro.
Tra la “Satanic Mass" di La Vey de Edoardo Vinello in trip jungle-ecstasy, Japan is the place, evviva la libertà!
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