Chi ha letto alcuni fumetti sa bene che in alcuni di essi si trova vera letteratura, a volte letteratura di eccezionale valore. Chris Nolan, insieme al fratello Jonathan Nolan (vera mente del progetto), è riuscito a mettere su pellicola un pezzo della letteratura dark-fumettistica, consegnando alla posterità un film eccezionale, nonostante alcuni trucchi commerciali (come il camion che gira su se stesso), qualche dialogo troppo didattico, qualche esagerazione sui lati oscuri della società e qualche ironia fuori posto (“Prende la Lamborghini? Molto più discreta…”).
La storia si svolge in tre giorni. Velocissima, senza un attimo di respiro, contrariamente alla storia del precedente “Batman Begins” che si sviluppa nell’arco di sette lunghi anni, in cui il nostro eroe impara a conoscere se stesso e convivere con i suoi demoni. L’oscura Gotham City ha bisogno di Batman per battere uno schizofrenico paranoide, Thomas, che si fa chiamare Joker (Heath Ledger). La storia non è così lontana dalla realtà: sessant’anni fa l’Europa, per battere il joker tedesco, non chiese forse aiuto al cavaliere oscuro chiamato USA?
La trama descrive impietosamente, al limite del compiacimento, quanto possa essere ambiguo il cuore umano, e quanto egoismo vi si possa annidare, qualunque sia la classe sociale a cui si appartiene. Il tema non è particolarmente originale. È la riproposizione del ying-yang: non esiste un cuore completamente cattivo, e non esiste un cuore completamente buono.
Questa massima filosofica ha una concreta incarnazione soprattutto in una delle scene finali, quella dei due battelli: in uno di essi, una “persona per bene” pensa solo a salvare se stesso e non ha molti scrupoli a far saltare in aria, per mezzo di un meccanismo detonatore, il battello vicino che trasporta degli ergastolani. In questo secondo battello troviamo invece uno di questi ergastolani che butta via il suo meccanismo detonatore senza pensarci due volte, mostrando una moralità che il middle-class man dell’altro battello inizialmente non ha mostrato. Talvolta, un criminale può avere più virtù e morale di tanta gente-bene. E anche questo non è un tema particolarmente originale.
Non siamo al pessimismo cosmico-teologico di “Seven” ma non ne siamo lontanissimi. Particolarmente sconfortante è il ritratto che viene fatto della polizia, con alcuni suoi membri che fanno apparire il tradimento di Giuda roba per educande. Il mondo non è certo il Paradiso, ma in questa corruzione generalizzata e quasi data per scontata, il regista ha francamente esagerato.
Ma al di là della storia, che andrebbe considerata solo una gradevole cornice, è la caratterizzazione dei personaggi che Nolan ci dà a meritare la celebrazione.
Il personaggio (apparentemente più importante) è Joker, una figura che supera la banalità del criminale normale che, per mancanza di voglia di lavorare, decide di lucrare (ed elevarsi socialmente) sulle debolezze umane: droga, alcol, sesso, gioco d’azzardo. Ma, allo stesso tempo, è troppo intelligente per essere un banale serial-killer che vuole sputare sul mondo l’odio che ha ricevuto nell’infanzia, e poi fare qualcosa per farsi beccare. Joker, come viene descritto da Alfred (Michael Cane) non è interessato ai dobloni, ma solo distruggere il mondo intero. La sua intelligenza è davvero troppo grande per accontentarsi di distruggere la vita di qualche persona o di lucrare sul delitto. Se sei un genio e ti applichi sei destinato a grandi cose. Ma grandi cose non significa necessariamente cose buone. Quella è una scelta e Joker ha fatto la sua.
Accanto a Joker troviamo un altro carattere, molto più interessante, perché più comune, e soprattutto perché ci interroga tutti: Harvey Dent (Aaron Eckhart), il cavaliere senza macchia. Bruce Wayne, (che conosce l’animo umano come pochi altri e in questa conoscenza è molto più vicino a Joker che a Dent) lo studia alla perfezione e capisce che di lui ci si può fidare. Bruce Wayne sa benissimo che non potrà essere Batman il futuro di Gotham. È lui stesso che parla a Dent che forse non si rende conto della sua importanza per il futuro della città: “Tu sei l’uomo della speranza che io non sarò mai”. Harvey Dent è la persona giusta, un buono, un onesto e un idealista. Un uomo che non ha mai riflettuto su quello che si nasconde nell’animo umano, troppo impegnato a fare il bene per pensare al male. E questa ignoranza di se stesso sarà la sua rovina.
Un buono come Dent, ma con la stessa conoscenza dell’animo umano di Batman è il signor Lucius Fox, il (vero) buono della nostra storia. Fox significa volpe, ma si rivela sempre molto diverso da quello che il suo cognome lascerebbe intendere. Lui è come Dent (senza oscurità interiori troppo visibili…) ma che sa bene di non essere onnipotente; che sa di poter cadere in ogni momento. Lui è un Harvey Dent umile, grazie alla sua età. Batman ha tanta fiducia in lui da dargli il suo “Grande Fratello”, in un dialogo che dovrebbe essere scolpito a lettere cubitali nella storia del cinema psicologico:
- “Bellissimo, vero?”
- “Bellissimo, immorale, pericoloso. Lei ha trasformato ogni cellulare di Gotham in un microfono spia”.
- “E in un generatore – ricevitore ad alta frequenza”.
- “Lei ha preso il mio concetto di sonar e l’ha applicato a tutti i telefoni della città. Con mezza città che le dà segnali, lei può tracciare la mappa di Gotham. È una cosa sbagliata”.
- “Io devo trovare quell’uomo, Lucius”.
- “Si, ma a quale costo?”.
- “Il data-base è criptato “null-key”. Può avere accesso una sola persona”.
- “E’ troppo potere per una sola persona”.
- “ Ecco perché l’ho dato a lei. Solo lei può usarlo”.
- “ Spiare trenta milioni di persone non è il mio lavoro”.
- “Questo è un campione audio…[ per triangolare la posizione di Joker]”.
- “L’aiuto solo per questa volta, ma non può più contare su di me. Se questa macchina rimane alla Wayne Enterprise do le dimissioni”.
- “Quando ha finito, digiti il suo nome”.
Il signor Fox sa che per uno scopo superiore si può fare un compromesso per evitare un male peggiore. Quando Lucius, col suo piccolo compromesso mostra la sua piccola oscurità, Batman rivela la parte solare del suo animo oscuro. Era conscio dell’immoralità di quello che stava facendo, e quindi aveva già inserito nel computer un dispositivo di autodistruzione che si metterà in azione solo quando il Signor Fox vi introdurrà il suo nome. Batman sapeva già che il signor Fox avrebbe accettato di aiutarlo.
Con l’aiuto del Signor Fox e con un po’ di fortuna, Batman sconfigge il piano di Joker. Joker cade dal palazzo, ma Batman lo salva: cavaliere oscuro sì; giustiziere immorale no. Joker ha perso e Batman, pur avendo perso la sua amata Rachel – un altro terribile senso di colpa che si aggiungerà all’indelebile senso di colpa che lo attanaglia sin da bambino, per non essere riuscito a salvare i suoi genitori – non si è abbassato al livello di malvagità del suo nemico. Non poteva esserci una fine migliore.
Il dialogo che segue è anch’esso da annali per il suo contenuto psicologico e per l'infernale interpretazione di Heath Ledger, assolutamente da vedere in lingua originale:
- “Non potevi lasciarmi andare giù? Tu non mi uccidi per il tuo ipocrita senso di superiorità (misplaced sense of self-righteousness)”
- “Questa città ti ha dimostrato che ci sono persone pronte a credere nel bene”.
- “Finché non perderanno completamente le speranze. Finché non vedranno quello che ha combinato l’uomo della speranza, Harvey Dent. Non mi dire che hai pensato che avrei giocato l’anima di Gotham in una scazzottata con te. Ho preso il paladino (“the white knight”) di Gotham e l’ho abbassato al nostro livello. Sai, la pazzia è come la gravità: basta solo una piccola spinta…”.
E Harvey Dent è impazzito davvero. Ha ucciso cinque persone: lui, il cavaliere bianco, senza macchia. Nessuno di noi può prevedere il proprio comportamento in situazioni estreme. Dentro di noi c’è un San Francesco e un Hitler, con varie sfumature di grigio. Sta a noi scegliere cosa essere. Joker ha fatto la sua scelta nella malvagità; Batman la sua scelta nell’oscurità; Harvey non ha mai veramente deciso cosa essere; credeva solo di essere imbattibile. Ecco cosa può fare la troppa fiducia in se stessi.
Ma Batman non può permettere che Gotham perda la speranza. Senza la speranza non c’è nessuna ragione per fare il bene; è la disperazione di Joker che lo ha portato ad essere Joker. Se togliamo la speranza a Gotham, ci saranno altri Joker e lui, pur dalla galera, vedrà il suo trionfo.
Batman deve impedire ad Harvey di impazzire completamente. Glielo fa capire cercando di toccargli il cuore: “Joker ha scelto te perché tu eri il migliore di noi, perché voleva dimostrare che anche un uomo così integro poteva cadere. Sei tu che hai la pistola in mano…”. Harvey può scegliere ancora. Niente è perduto. Ma Harvey non vuole lasciare il suo senso di colpa (per la morte di Rachel), quel senso di colpa con cui Batman ha imparato a convivere da anni. E qui la differenza tra i due.
Harvey muore e con lui la speranza. Joker ha vinto. Ma Joker non può vincere. Ecco allora il cavaliere si fa vittima per salvare Gotham. Lui da decenni si sente colpevole della morte dei genitori. Lui sa cosa significa sentirsi colpevole, e allora prende su di sé la colpa dei cinque omicidi di Dent. “Perché lui può sopportarlo” – dice il commissario Gordon al suo bambino.
La reputazione di Harvey Dent è salva e con lei la speranza degli abitanti di Gotham. Perché la verità non è la cosa più importante; perché la gente, per poter continuare a sperare, merita di più della verità.
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