San Francisco, fine anni '70. La civiltà "industriale" è ormai una realtà mostruosamente esistente, il progresso comincia ad avanzare a ritmo vertiginoso, nascono i primi personal computer, la fiducia nei confronti delle macchine aumenta a dismisura, il colore prevalente è il grigio, il colore della penombra, dell'inerzia nata dal bianco della fede e il nero della morte. Si esce dal periodo del "flower power", e come tutti i cambiamenti epocali si respira un clima di smarrimento, in una parola sola, di "alienazione". Parola tanto abusata ma incredibilmente pertinente nel descrivere realtà come questa. I Chrome erano figli di questa realtà. La loro musica è il "disegno" di quella realtà. E come tutti gli artisti che si rispettino usano la loro arte come mezzo per esprimere uno stato d'animo, come strumento di "avanguardia" (nel senso di guardare avanti, oltre l'apparenza immediata, quello che è vero ruolo dell'intellettuale).

Realizzarono così con Half Machine Lip Moves oltre che uno dei dischi migliori della storia del rock, anche un lavoro tremendamente importante a livello di "testimonianza storica". Con loro (e ancor prima con gli inglesi Throbbing Gristle) la musica "industriale" emette i primi vagiti. E non poteva essere altrimenti.
Per esprimere il loro disagio i Chrome producono così un suono abnorme, mostruoso, pochissimo musicale. I loro pezzi sono collage di suoni assemblati in maniera spesso casuale, utilizzando tutto ciò che è possibile far "suonare", non importa come e perchè; l'importante è disturbare, provocare una lenta e inesorabile nevrosi cerebrale, portare l'ascoltatore a fuggire da quest'ammasso di rottami sonori. All' interno del disco si ascolta di tutto: distorsioni acide, feedback estenuanti, dissonanze, rumori "concreti", voci trattate, elettronica seviziata e seviziante. Il ritmo è spesso meccanico (marchio di fabbrica di tutto l'industrial a venire , nervoso, spezzato, con progressioni vertiginose ed improvvise pause. Tutto sembra casuale (e spesso lo è, visto che molte "digressioni" sono state improvvisate al momento della registrazione), estenuante confusione che stordisce. E alla fine ci riesce, ben prima che il disco sia terminato.

Missione compiuta, l'obiettivo dei Chrome era proprio questo, enfatizzare in maniera mostruosa la situazione che stavano vivendo, portare l'ascoltatore tra presse, ingranaggi, pistoni e microchip, in maniera così "disumana" e fastidiosa da dargli uno schiaffo in faccia, da vomitargli addosso la sua realtà. Nel nostro caso "quella" realtà, "quel" momento. Sul nostro, di momento, meglio sorvolare.

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