La prima stagione di "Twin Peaks" è stata rovinata con la seguente da Lynch, che ha tentato in tutti i modi di trovare spiegazioni logiche ad una storia che non ne aveva bisogno, perché nessuno è innocente a Twin Peaks (e tanto basta): l'ultimo Palahniuk corre sugli stessi binari, colla differenza che vengono presentati 3 atti invece di 2 [stagioni].

E si va in calando, anzi in crescendo. E' questo il problema: se da una parte ci troviamo davanti al Palahniuk più vintage e maturo, quello che si sofferma sulle sottigliezze che connotano a pieno un vita (in questo caso di una celebrità decadente), dall'altra abbiamo l'azione pulp (condita da errori che nemmeno il più neofita tra i giallisti si permetterebbe di perpetrare, come per esempio l'evitare di descrivere il finale per riassumerlo senza sforzo in un paragrafo pacchiano) del solito romanzuncolo che Chuck si sforza di produrre ogni anno, da "Diary" in avanti.

Che sia questo che si aspettano i fan dello scrittore statunitense? Probabile. Ma allora qual è il fine della scrittura dell'autore di "Soffocare" e "Fight club"? E' un libro che si legge in due giorni e per il quale io, causa finestate-inizioscuola, ho dovuto dilatare i tempi di lettura, ecco tutto, ecco l'unico commento che mi sento di fare.

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