Colonna sonora per uno spettacolino grandguignolesco di infima serie in una periferia metropolitana buia e semi abbandonata.
Musica malconcia, stonatina e cagionevole come la voce del cantante che sembra uscire, dignitosamente effeminata, dal dietro le quinte del rocky horror picture eccetera. Partono i primi suoni, si sente il rumore di una puntina che gratta il vinile e subito si inceppa: “ci-ne-ma… ci-ne-ma… ”, poi ha inizio il primo ballettino (macabro, manco a dirlo) che scivola via orecchiabile (?) e facile (si, facile si) nonostante la voce urticante del ragazzetto di Los Angeles. Poi una seconda traccia in cui, all’inizio, si sente più forte il debito nei confronti di tanta new-nu wave, finché non parte un organo a riportare l’ascolto verso una teatralità più bauhausiana.
Oddio proprio bauhausiana no… i riferimenti sono piuttosto Rozz(i), Andy Sexgang e affini. In effetti appena l’arrangiamento si fa vagamente più presuntuoso si sente subito puzza di un dilettantismo divertito e gli improbabili drumbreak sono lì a testimoniarlo, lapidari ed eloquenti come epitaffi. Ma va be’, le premesse erano quelle: puro e sano entertainment ironico-batcave, molto più godibile in un localino uso a certe “carnevalate darche” che tra le mura domestiche. Altrimenti c’è il rischio che il cane inizi ad ululare e il vicino-dalle-orecchie-raffinate a menzionare tutti gli dei dell’olimpo in un rigoroso ordine alfabetico.
Assolutamente da ascoltare solo dopo un severo lavoro di make-up e pazienti esercizi di immedesimazione. Ci-ne-ma, ci-ne-ma, ci-ne-ma.
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