In breve,
Caino disse al fratello Abele: “Andiamo in campagna!” Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise.
Allora il Signore disse a Caino: “Dov’è Abele, tuo fratello?” E egli rispose: “Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?” Riprese il Signore: “Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto… etc. etc.”
Questa storia, che pure è più vecchia di quella su quel tale che camminava sulle acque e andava su e giù per le strade della Galilea a fare miracoli, viene periodicamente riproposta secondo diverse modalità e sfumature dalla cronaca nera – ma di questa, con tutto il rispetto per le vittime e i familiari, ci importa veramente poco, nulla – e dalla cinematografia italiana e internazionale.
“Hotel Colonial” è un pretenzioso ma non troppo riuscito film del 1987 scritto, con la collaborazione di Enzo Monteleone (sceneggiatore, tra gli altri, pure di “Marrakech Express” e “Mediterraneo” di Salvatores), e diretto da Cinzia Th. Torrini, regista negli anni specializzatasi nella direzione di discutibilissime e deprecabili mostruose serie televisive (“Elisa di Rivombrosa”, “Don Gnocchi – L’angelo dei bimbi”…). Il film è stato girato tra Messico, Colombia e New York con una serie di interpreti sulla carta più o meno eccellenti, come Robert Duvall, John Savage, Massimo Troisi, Rachel Ward e la procace Anna Galiena. La storia, ambientata in Colombia, è all’incirca quella di un ex terrorista italiano, Luca Venieri, rifugiatosi da anni a vivere in Sud America, che si fa passare per morto dopo che si è fatto cambiare i connotati. Il fratello che non lo vede da anni, Marco (John Savage), si reca in Colombia per recuperare il corpo, ma il cadavere che gli viene mostrato per il riconoscimento non è quello del fratello.
Marco comincia così a indagare sulla vita del fratello, che scopre ovviamente essere invischiato in storie poco pulite. Durante la ricerca finisce anche in carcere e, tra abbastanza credibili ambientazioni di degrado urbano e insani paesaggi tropicali, si scontra con la dura e difficile realtà della vita in terra colombiana, fino all’incontro risolutore con il cinico e spietato Carrasco (Robert Duvall), ricco proprietario dell’Hotel Colonial che dà il nome al film e pure lui, guarda caso, coinvolto nel giro della malavita colombiana. Il finale ovviamente è scontato e già scritto almeno duemila anni prima del film.
Negli intenti della signora Cinzia Th. Torrini e di Enzo Monteleone è verosimile supporre che “Hotel Colonial” doveva essere una sorta di verosimile “Apocalypse Now italiano”. Ovviamente, manco a dirlo, sebbene vi sia la ricerca di taluni elementi in comune tra le due pellicole (il viaggio e la ricerca nella “giungla”, personaggi che appaiono completamente alienati e costretti in una dimensione inverosimile e allucinata, un buon Robert Duvall parente tuttavia lontano di sua maestà Marlon Brando), il paragone è assolutamente irriguardoso e irriverente. “Hotel Colonial” è un film poco riuscito e, come già sottolineato in precedenza, una vera e propria occasione mancata se consideriamo la presenza di ottimi interpreti quali lo stavolta poco convincente John Savage, che pure altrove è un attore gigantesco (vedasi “Il cacciatore” di Michael Cimino), e lo stesso Robert Duvall. Marginale e comunque fuori luogo appare anche il personaggio interpretato da Massimo Troisi, che nel film è un italiano emigrato in Colombia di nome Werner e che, come nella migliore e più ordinaria tradizione italiana, tira a campare facendo lavoretti occasionali.
E’ comunque almeno curiosa e inusuale la scelta dell’ambientazione tutta sudamericana per questo sfortunato film italiano, ma di produzione americana. Di solito roba di questo tipo la ambientano a Bangkok o Saigon. Che facciamo? Diamo almeno atto a Cinzia Th. Torrini di essere stata coraggiosa e originale in questa scelta?
Sempre se è stata lei a decidere di ambientare il film in Sud America.
Qualunque cosa voglia dire Th.
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