Trovai questo album ad un mercatino dell'usato; il nome del gruppo non mi era nuovo: Cipango. Vengono citati in "Lungimiranza", degli Offlaga Disco Pax, quindi per curiosità tentai l'acquisto. Mi documentai sulla storia della band reggiana, militante negli anni 90 e scoprii che di questo album avevano stampato solo 500 copie, quindi avevo tra le mani una piccola chicca di valido pop rock alternativo.
"C'è del delirio in te" parte con una batteria andante e una chitarra che si carica per far partire un riff alla Fugazi; il cantante attacca con la sua voce pulita e impostata, molto pop mentre le tastiere springsteeniane fanno da tappeto fino all'interludio di basso profondo e le risate beffarde di una donna, per poi riprendere nel finale: bella canzone.
In "3300 giorni" si sentono i Litfiba, strofe sospese su tastiere e sfumature di chitarra si alternano al ritornello rock. "Autoaccusa" è più sanguigna, qui si sentono le atmosfere dello studio che amalgamano il gruppo. "Libero" invece parte con un alone alla Joy Division che viene poi illuminato da melodie più pop, dalle grida di libertà e dai cori. In "Madre" sono i Weezer che scandiscono i tempi, la chitarra si scioglie nelle strofe, è una canzone che odora di grunge. Un basso funky, tastiere hippy sono la struttura di "Fiori", molto alternativa e scanzonata, ideale per raccogliere critiche contrastanti a San Remo.
I Cipango sono saturi di contaminazioni, precursori inconsapevoli o semplicemente a passo coi loro tempi ma ben celati nella nebbia dell'Emilia.
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