Il mondo dove Dio è morto e tutto è permesso. Religioni e morali sono state distrutte. Questa volta dalla povertà, dalla noia della disoccupazione, da ciò che nell'esistenza è esteticamente brutto, ripugnante, ossessivo e privo di significato.

Insomma: la sozzura ha ucciso Dio.

Gli "ultimi uomini", al pari di avvoltoi, banchettano in stracci sul nulla che avanza con sorrisi e pernacchie diaboliche. Illuminante, in tal senso, la scena dei palermitani arrapati che, nel primo episodio, si mettono in fila per andare da una prostituta brutta e grossa.

Le donne, però, non esistono. La bellezza femminile è stata bandita dalla brutalità del non-vivere quotidiano e le uniche forme di carnalità rimaste sono la masturbazione, l'omosessualità e l'accoppiamento con gli animali.

Una piccola introduzione a tre episodi grotteschi che vedono coinvolti un giovane accecato dal sesso, una coppia di omosessuali e un profeta (Totò) che pare essere un Gesù proveniente dall'Apocalisse di Giovanni.

In queste tre torbide vicende se ne incrociano altre. C'è, per esempio, la breve storia di un demente innamoratosi di una gallina. La sua unica compagna di giochi erotici.

Un ritratto dei gironi infernali terreni. Quelli creati da un funesto Demiurgo. Un pugno nello stomaco senza precedenti.

Il bianco&nero ben descrive quella che ho chiamato nonvita o, meglio ancora, esistenza inautentica. Un'esistenza non scelta e vissuta con degrado estremo.

Alla fine, tuttavia, giunge una sorta di redenzione. I personaggi principali del film vengono crocifissi e sembra che il loro inutile vivere, il loro tormento esistenziale, trovi una fine.

Ma le abitudini degradate e degradanti continuano ad accompagnarci: i tre non vengono uccisi, bensì esposti a pubblico ludibrio e, in seguito, presumibilmente abbandonati sulle tre croci di legno (o di cartapesta?).

Film di Ciprì e Maresco girato nel 1998. Scandalizzò molte "anime pie" ma, sinceramente, solo certe opere di Pier Paolo Pasolini sono riuscite ad essere talmente realistiche, schiette e crude.

Guardare per credere.

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