Estate 2014: un periodo che, tra le altre cose, ricorderò anche per la leggiadria, la levità e l'ostentato alone retrò (ma anche un po' posh, come dicono in Inghilterra) dei miei ascolti; Olive, Pink Martini, Jon Brion ed anche Clare & The Reasons, progetto musicale dei coniugi newyorkesi Clare Muldaur e Oliver Manchon che ha debuttato nel 2007 con questo "The Movie". Musica leggera e spensierata ma con un approccio decisamente elegante, elegante e anche molto compassato, una caratteristica che la rende perfetta per quei momenti in cui non si ha voglia di fare ed anche di pensare a un bel niente, neanche di trastullarsi con qualche ritmo vivace; ottima musica per pigri insomma, e da pigro quale sono lo dico a mo' di complimento.
La stilosa ed evocativa copertina lascia ampiamente intuire il carattere spiccatamente vintage di "The Movie", che si destreggia elegantemente tra bossanova, pop di stampo prettamente europeo anni '60, lounge music e un folk molto rilassato. Un ampio dispiego di musicisti e strumentazione orchestrale, collaborazioni importanti con l'apprezzato cantautore Sufjan Stevens e il leggendario arragiatore Van Dyke Parks, ma nonostante questo l'album non suona per niente barocco; ricercato, elegante, anche ambizioso ma sempre con leggerezza e passo felpato. Clare Muldaur, autrice di tutte le canzoni dell'album, è una cantante dal timbro sottile, espressivo e rilassato, sempre gradevole e mai stancante, eccessivo o sopra le righe e una songwriter eccentrica ed originale quanto basta, "Pluto" ne è la dimostrazione più evidente con un testo che vuole idealmente consolare l'omonimo corpo celeste dopo la perdita dello status di pianeta, un'idea originale e brillante per una bella canzone che introduce l'ascoltatore nel mood di "The Movie" con un'ammiccante melodia jazzy ed un mutevole e pregiato lavoro orchestrale, una caratteristica che si ritrova un po' in tutti gli episodi di questo album. Nonostante la sua adorabile indolenza di fondo, "The Movie" è pieno di brillantezza e vitalità, in una forma un po' particolare ma pur sempre tali; il punto più alto e rappresentativo dell'opera è a mio avviso "Alphabet City", ballata melodicamente perfetta e dotata di un'elegante teatralità che le permette di risaltare in tutto il suo splendore laguido e sognante ma anche "Science Fiction Man", accompagnata dal suono tremulo e sempre suggestivo del clavicembalo, riesce ad impressionare ed affascinare con grande efficacia.
Non solo grandi apici ma un amalgama perfetto, cementato dalle atmosfere estatiche ed idilliache di "Under The Water", "Cook For You", "Go Back" e "Love Can Be A Crime", simili nella lentezza e nell'estrema cura di suoni e melodie ma ognuna con il proprio mood e le proprie peculiarità, che formano una sinuosissima e burrosa spina dorsale.
Volendo Clare avrebbe potuto lasciarsi un po' più andare, azzardare qualche atmosfera un po' più vivace e colorita, quando ci prova il risultato è l'adorabile "Rodi" con i suoi leggiadri coretti ed un'atmosfera piacevolmente estiva e spensierata, con altri due o tre episodi di questo tenore "The Movie" sarebbe stato un po' più completo ma anche questa è una precisa scelta stilistica.
In fondo questa voluta e continuamente riproposta lentezza è parte integrante del fascino di un album di gran classe, un originale e a suo modo brillante elogio della pigrizia.
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