Mi sono accostato a Pelléas et Mélisande quasi completamente a scatola chiusa, con poche informazioni specifiche e un'idea estremamente vaga su chi fosse il suo compositore, di cui questa è l'unica opera portata a termine con successo; più che altro, ad attrarmi era l'idea di avventurarmi in un terreno completamente nuovo; nuovo e unico. Già prima di ascoltarla, quindi, P&M mi trasmetteva un'irresistibile sensazione di fascino e di mistero, cosa che è rimasta anche dopo l'ascolto.
Pelléas et Mélisande è un'opera che gioca "pericolosamente" con le gloriose sovrastrutture tradizionali del genere: niente arie, niente coro, niente passaggi strumentali prolungati e niente tenore. Quest'ultima cosa potrebbe sembrare marginale, e invece no: ho imparato che, se si vuol dare a un'opera una caratterizzazione "sperimentale", fuori dagli schemi, uno dei modi più efficaci per farlo è proprio quello di eliminare o quantomeno marginalizzare la voce tenorile; è un po' come togliere gli ottoni dall'orchestra, si perde in potenza ed immediatezza, le atmosfere si fanno più sfumate e rarefatte. E questo contribuisce non poco alla buona riuscita dell'ambiziosissimo progetto di Debussy, che con Pelléas et Mélisande ha puntato alla forma aperta pura; molto più di qualsiasi altra opera abbia ascoltato, Salome e Castello di Barbablù compresi, questa è veramente un continuum, un blocco unico, in cui la tensione si mantiene costante ed uniforme dalla prima all'ultima nota. Realizzare qualcosa di simile senza scadere nella noia e nell'esercizio di stile fine a sè stesso è impresa assai ardua, eppure Claude Debussy ci è riuscito, per di più con un'opera che si avvicina alle tre ore di durata.
Ascoltare Pelléas et Mélisande è un po' come vagare in una dimensione di costante penombra, sull'intera opera aleggia un'atmosfera perennemente cupa e al tempo stesso eterea; l'ambientazione completamente fuori dalla storia, paesaggi la cui selvaggia desolazione è a più riprese sottolineata da tutti i personaggi principali, che ne sono pesantemente segnati. Non c'è nulla di semplice in questo lavoro, dalla struttura ingannevolmente lineare, nessuno mistero viene mai del tutto svelato, pochi momenti di candore e sincerità vanno a perdersi in un mare di allusioni, cripticismi, incomunicabilità quasi totale. Tutto questo non può che portare alla tragedia, a cui si arriva non con un crescendo di pathos ma scivolandoci gradualmente, in un'inevitabile deriva; un titolo alternativo per quest'opera sarebbe potuto essere "la Forza del Destino", se non fosse già stato preso.
Apparentemente il personaggio più alieno sembrerebbe essere Mélisande, comparsa dal nulla, chiusa in sè stessa, enigmatica fino alla fine, in realtà il vero corpo estraneo, l'anima in pena condannata all'infelicità e sicuramente Golaud, personaggio concreto, realistico in un mondo parallelo in cui nulla è chiaramente definito e tutti si esprimono con la propria poetica. Lui di poetica non ne ha proprio, la sua ricerca di un orizzonte sicuro e lineare lo rende paranoico, violento, oppressivo, e più cerca di imporsi più affonda nelle sabbie mobili della disperazione. Anche per questo, Pelléas et Mélisande è il trionfo del decadentismo sul romanticismo, l'equivalente operistico di una natura morta.
Non si può negare che, senza Tristan und Isolde, probabilmente Pelléas et Mélisande (così come tante altre cose) non sarebbe mai esistita, ma un Wagner così scarno, così intimista, così alieno a qualsiasi concetto di redenzione non si è mai sentito: Debussy usa l'orchestra in un modo completamente diverso, come semplice accompagnamento, sottofondo, che non produce melodie ma una dilatata, astratta marea di suono, inscindibile dai paesaggi e dalle emozioni dei personaggi, e che perfino negli intermezzi non assume mai un ruolo protagonistico. Inutile parlare di questa o quella scena, cercare di scindere e analizzare separatamente la tristezza, la sensualità, la rabbia, la malinconia, la disperazione e tutte le altre sfumature che di volta in volta affiorano dallo spartito e dal libretto. Pelléas et Mélisande è un tutto, un'opera d'arte totale. Un'opera d'arte totale, a questo è riuscito ad arrivare Claude Debussy.
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