ma tu che ascolti una canzone
lo sai che cos'è una prigione
lo sai a cosa serve una stazione
lo sai che cosa è una guerra
e quante ce ne sono in terra
a cosa può servire una chitarra
lo sai che siamo tutti morti
e non ce ne siamo neanche accorti
e continuiamo a dire "così sia"
Claudio Lolli, cantautore d'una sensibilità unica fin troppo dimenticato, dopo il magnifico album d'esordio torna un anno dopo con un LP dalle tonalità simili, se possibile ancora più cupe e plumbee. Infatti il disco si apre con quattro canzoni dal dolore quasi asfissiante che culmina con i nove minuti di Morire di leva, un lento canto funebre che sembra voler prendere per mano anche gli ascoltatori e condurli lungo questo funerale sussurrato. I pochi raggi di sole del disco si trovano solo nella seconda parte, ma sembrano un'ingenua speranza persa in fiumi di sconfitte presenti e a venire. Il tessuto musicale che accompagna le poesie esistenziali di Lolli, a volte sfacciate e a volte sarcastiche, è semplice e ridotto all'osso come nell'album precedente: una flebile chitarra ritmica suonata da Lolli stesso, degli arpeggi, qualche nota di piano e di violino, come fosse l'opera del fratello sommesso di Nick Drake... il che dice tutto. Seppur meno incisivo e sferzante del precedente album, senza la scombussolante invettiva di un brano come Borghesia, resta comunque un'opera memorabile da sentire e risentire. Occhio però all'umore, non sono cinquanta minuti da prendere alla leggera.
*** 1/2
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