Un piccolo miracolo datato 1970. Ecco come possiamo definire questo "Viaggio", lavoro d'esordio di Claudio Rocchi, elaborato cantautore, amante del progressive e del rock psichedelico all'italiana. Un disco d'ingenua maturità, parotirto da un giovane diciannovenne che si lanciava senza timore nel folto e qualitativo panorama musicale di quel periodo. Fabrizio Dé André aveva appena pubblicato "La buona novella"; Le Orme erano giunti al secondo LP, intitolato "L'aurora delle Orme"; e Francesco Guccini, stava presentando uno dei suoi lavori più celebri: "L'isola non trovata". Nonostante ciò, l'allora esordiente Rocchi, aveva ugualmente deciso di lanciare il proprio repertorio fra le grinfie dei critici (allora molto severi), e forte della recente esperienza con gli Stormy Six, coi quali aveva lavorato al debutto discografico "Le idee di oggi per la musica di domani", lanciò senza timore il suo "Viaggio" che ottenne il Premio della Critica Discografica nel 1971.

Il disco, prevalentemente acustico, è fortemente influenzato dalla musica d'autore, decorato però di forti tinte prog e psichedeliche, che denotato una ricerca musicale più cervellotica ed elaborata. "Ouevres" ad esempio è uno sperimentale connubio sonoro di ansiti e rumori appena distinguibili, dai quali all'improvviso emerge l'allegro fischiettio dell'autore (accompagnato da un sereno giro di piano); ma si stratta solo di un momentano sprazzo di calma, prima che dei violini inquieti e una chitarra maligna, riportino allo stesso stato di costernazione dei secondi iniziali.Probabilmente la prima traccia serve a descivere l'animo sgomento del protagonista della celebre "La tua prima luna", blues acustico che racconta della puerile evasione di un giovane che fugge di casa. La successiva "Non è vero" è più vicina al cantautorato classico, e racconta di un amore supposto, vivo soltanto nei sogni del personaggio, che per timidezza non riesce a dichiararsi alla persona amata. Fra le produzioni più ricercate spicca "Ogni uomo", coi suoi deliziosi echi accompagnati dalle percussioni, mentre "Gesù Cristo (tu con le mani)" è una metafora per descivere lo spirito rivoluzionario dell'essere umano, tanto che il Messia descritto in questa canzone, è vivo e vive nel Perù...e la sua faccia barbuta, impressa in un poster, è appesa nei muri delle abitazioni di tutti quelli che non hanno ancora smesso di lottare contro il sistema. "I Cavalli" presenta una serie di giustificate allegorie atte a descrivere il comportamento dell'essere umano. Il pezzo, dall'atmosfera agreste, è magistralmente accompagnato dal flauto traverso di Mauro Pagani. A questo punto irrompono gli sciabordanti arpeggi di "Acqua" , canzone in cui Rocchi evidenzia una maniera deprimente e sconfortata di descrivere se stesso: musica soave e testo imbastito di psichedelica poesia. Ancora un'autobiografia in " 8.1.1951", dove l'autore ci racconta del mancato rapporto con la madre. Semplice brano acustico, così come la penultima "Il mattino" , prima che la conclusiva title-track decida di chiudere il disco rievocando le sperimentazioni della prima traccia, con l'intento di costruire una suite prog strumentale, ancora più efficace ed affascinante.

Un disco ingenuamente geniale, che se fosse uscito oggi, avrebbe ridicolizzato quasi tutte le proposte musicali, ora in voga nel nostro paese.

Federico "Dragonstar" Passarella.

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