Nei giorni dell'uscita dell'ennesimo capitolo della vita registica di Clint Eastwood mi accingo a parlare di uno dei suoi film meno conosciuti. Honkytonk man è una pellicola datata 1982 e rappresenta una delle opere più esilaranti dell'icona americana. Un film che non ha fatto parlare di se, ma che a mio parere va riscoperto, nonostante non rappresenti nulla di trascendentale nella carriera del buon vecchio texano dagli occhi di ghiaccio.
Honkytonk man racconta la storia di Red Stovall, interpretato dallo stesso Eastwood, che è diretto al Grand Ole Opry di Nashville dove lo attende un'audizione. Infatti Red è un musicista country che si guadagna da vivere suonando nei loschi pub delle praterie degli states. Ad affiancarlo in questo viaggio verso Nashville c'è il giovane nipote Whit (interpretato da Kyle Eastwood, figlio del regista).
Una storia semplice, asciutta, come da copione eastwoodiano. Qui si cimenta con la musica sei anni prima del capolavoro Bird, altra pellicola in cui il cineasta ha riversato tutto il suo amore per il jazz. Honkytonk man è un film sul country, ma la passione "classica" con cui Eastwood indaga la realtà è assolutamente inconfondibile. L'inizio ha il sapore del western sia per ambientazione che per colori, con il personaggio principale alle prese con il denaro, l'alcool e la sua malattia. Successivamente il film prende la piega dell' "on the road" con scene esilaranti: quella irreale del toro e il siparietto tra Red e un poliziotto. Si alternano sequenze dal sapore comico ad altre drammatiche e d'atmosfera, come l'indimenticabile sequenza in cui Eastwood ruba i soldi a dei giocatori di poker.
La malattia (t.b.c) che però crea problemi alla voce del singer country si aggrava, ma nonostante ciò non rifiuta un'ultima occasione di incidere un disco. Sempre più distrutto dalla tosse, Red, arriverà all'epilogo sostenuto dal suo fedele nipote e da una donna incontrata per strada.
Un film atipico nella carriera dell'icona americana, con un'ottima colonna sonora country appunto e una fotografia che ci "illumina" sulle praterie degli Stati Uniti. Un'opera da riscoprire non fosse altro per il suo regista, che nel bene e nel male ha segnato un modo di fare cinema e che ha sempre svolto il suo lavoro in maniera impeccabile. Eastwood è diventato con il passare del tempo una garanzia.
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