Rivediamo assieme la discografia del gruppo rap italiano più importante di sempre.

"Mi Fist" (2003) - Questo è il loro primo disco, quello old-scul, quello impegnato e tutte quella altre cose che piacciono a chi non si è ancora ripreso dal sogno erotico di Blondie. In qualche modo è il loro album “migliore", meno pacchiano e più ragionato. Ciò non toglie che a parte “LLCD" e "Note Killer”, sia uno dei più puri distillati di rap reazionario e scorreggione usciti dal nostro paese, ché se davvero vi piacciono i Colle Der Fomento e ruminanti affini, potrà anche entusiasmarmi; il fatto è che qui stiamo dalla parte giusta, ovvero quella che crede che questo tipo di rap sia una delle cose più patetiche e ridicole che si possa avere la malasorte di ascoltare. 1/5

"Penna Capitale" (2006) - Subito dopo il loro disco migliore, cioè il peggiore, arriva il loro disco peggiore, cioè il migliore. La Penna Capitale dei Dogo non è di certo una raffinata stilografica, ma è molto più probabile che sia una Bic mezza scarica; poco importa, visto che impugnandola Gue Pequeno e Jake La Furia sono riusciti a marchiare indelebilmente la carta dei tempi. L’hip-hop, Vallettopoli, la coca, la strada e uno sfigatissimo vocalist sudamericano sono tutti frullati in questo mischiotto decerebrato, spassoso e freschissimo, che ancora oggi resta forse il disco rap italiano più importante di sempre. Sulle ceneri di un centro sociale, i Dogo hanno edificato un nuovo locale aperto a tutti, dagli zarri ai liceali, con tanto di bel giro di spaccio nel bagno in fondo a destra. 5/5

"Vile Denaro" (2007) - I Club Dogo sono i Sonic Youth del rap italiano, con le Air Max al posto delle chitarre scordate ad arte e un dj puzzone al posto della bassista donna. Se Penna Capitale è stato il loro Daydream Nation, Vile Denaro è il loro Goo, il debutto in major. I pezzi cult non mancano, vedi Puro Bogotà, ma se c’è una cosa che i Club Dogo hanno avuto e i Sonic Youth no, è il pezzone spacca radio: “e mi hanno detto che la vita è una..., non ti bacia e ti dà il conto per la grana, così mi tocca fare il figlio di…”. Riempite gli spazi, io intanto riempio le stelline che si merita questo super classico. 5/5

"Dogocrazia" (2009) - In questo periodo Guè aveva le treccine corte da tamarro venuto su male. È qui che la sigla Club Dogo assume i connotati di “musica da autoscontri” e infatti qua troviamo veri e propri pezzi da scoliosi (in senso buono) come “Boing" e “Sgrilla". 3/5

"Che Bello Essere Noi" (2010) - Titolo da forchettate negli occhi, ma disco hip-hop di encomiabile qualità, a partire dalla copertina (di pessimo gusto, com’è giusto che sia), passando per i beat ipertrofici e ipercafoni, fino ai pezzi: una granata dietro l’altra, sempre più destrorsi e gustosi. 5/5

"Noi Siamo Il Club" (2012) - Ah sì, il disco con “PES” feat. Giuliano Ferrara, una canzone che quell'estate ha fatto ballare i coglioni di tutti. Era comunque una cosa più onesta di tutte quelle robe che riempivano, e tuttora riempiono, il cartellone del MiAMi. Il problema è che faceva rivoltare il fegato. Va be, nel dubbio 3 stelle perchè - ripeto - era l’unico tipo di rap ad avere senso nel 2012 in Italia: sputtanato e di cattivo gusto. 3/5

"Non Siamo Più Quelli di Mi Fist" (2014) - Con il loro ultimo disco, dimenticati una volta per tutti gli esordi gucciniani e ogni pretesa di rap politicizzato, i Dogo centrano il disco rap per antonomasia. Tre canzoni su tutte: 1) “Weekend”, forse la migliore canzone da party che la musica italiana abbia mai concepito, con tanto di trombette zarre e “chaimami bomber, passami il dompe” 2) “Soldi”, gioiello di malinconia notturna 3) una a caso pescata dalle altre, stando attenti a non pestare i bisogni del cane. Sarebbe un disco quasi perfetto ma ci sono almeno 3-4 episodi degni di un film di Ruffini, quindi mi limiterò a quattro stelline. 4/5

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