Un paesaggio azzurro, un microfono rivolto al cielo...

Miniature, illuminazioni, fritto di paranza...

Ah, “fritto di paranza” è una cosa che, un tempo, avrebbe detto Sancio.

Sancio...

Sancio era uno che veleggiava in una nuvola di disgusto. Dotato di una lingua acuminata, era forse il più sprezzante tra i nostri guru deviati. Si divertiva a immaginarci tutti in un pozzo di merda e ci aggiornava periodicamente sulla nostra orribile situazione: c'era chi annaspava e aveva almeno la testa fuori e chi, come me, se ne stava piuttosto in fondo senza alcuna possibilità di vedere la luce. Non era un suo problema, lui si limitava a esibire il suo ghigno dal bordo del pozzo.

Super grezzo dal punto di vista musicale, con fiammate avanguardiste, oscillava tra Dead Kennedys e Residents, tra Skiantos e Faust'O. “Benvenuti tra i rifiuti” la citava sempre e il ghigno si trasformava nel sorriso del gatto del Chesire versione Disney. E nel ballare “California uber alles” esibiva uno stile da far sembrare Belushi una diva pallida intenta ad incipriarsi il naso.

Ricordo ancora, e non posso fare a meno di ridere, un militante di Democrazia proletaria che esasperato, durante una discussione gli gridava (non se se storpiando volutamente il nome) “Kennnedy dead, kennedy dead !!!!”

“Voi dovete scegliere tra Willy brandt e Pol pot, stronzi”

“Kennedy dead, kennedy dead!!!”

“Io, naturalmente, ho scelto...”

“Kennedy dead, kennedy dead”

“Ho scelto Pol pot”

“Kennedy dead, kennedy dead!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”

Quel militante era uno di quelli che ascoltavano solo Guccini, Vecchioni e compagnia bella. Vederlo così trasfigurato e quasi assetato di sangue fu una immensa gioia.

Sancio amava la politica, ma l'abbandonò presto. Durante un corteo di Autonomia Operaia a Bologna vide i suoi compagni menarsi a sangue tra di loro. Del resto non andava meglio al giovane vampiro nei terrificanti campi estivi dei piccoli comunisti, tra tragicomiche escursioni e visione serale di di film bulgari.

Era un tipo favoloso Sancio, capace di passare da Jena Plissken a Shakespeare. Era un tipo orribile Sancio, capace di scoreggiare in pieno inverno nella sua cinquecento e imporci (“la macchina è mia e decido io”) l'ascolto degli AC/DC, gruppo che noi fighetti odiavamo.

“Voi e il vostro genio finocchio del cazzo!!!”

Ma ora devo parlarvi del professor Balthazar. Che era un genio e basta, non un genio finocchio.

E viveva in un trasognato paesino balcanico... pensate, che so, ai vicoli e ai palazzi di una Europa dell'est molto naif disegnati da una specie di Altan Pimpa oriented.

Pensate a un delizioso posticino pieno di gente semplice e dolcemente surreale.

Che faceva tutto il tempo il nostro professore? Risolveva problemi. E per farlo usava una coloratissima macchina di sua invenzione, un variegato insieme di tubi, scale, ombrelli, orologi, numeri, guglie, alambicchi, dischi, sfere e orecchie giganti... il tutto, una volta messo in moto, diveniva uno scombiccherato e giocoso turbinio psichedelico ed era quella meravigliosa giocoleria meccanica che io sempre attendevo.

Alla fine da quella macchina scaturiva immancabilmente un liquido magico. Bastava rovesciarlo a terra e puff !!!...ecco delle scarpe volanti...dei martelli musicali...una sveglia che si rifiutava di svegliare la gente...

Ma, direte voi, questa non doveva essere una recensione? Oh si, è che, come al solito, la prendo un po' larga...

E, comunque, riguardo a Eno, Moebius, Roedelius la macchina del professor Balthazar ci torna utile, visto che loro ne usavano una simile, anche se non rumorosa e forse nemmeno colorata.

Ma non anticipiamo troppo. E torniamo al nostro Sancio.

Sancio odiava Brian Eno e citava sempre il terribile Red Vynile, quello che al posto delle stelline o delle palline usava i cazzi e che aveva la bizzarra abitudine di scrivere recensioni di solo tre o quattro parole. Ne ricordo ancora una, chissà a proposito di quale disco, che accanto a cinque cazzettini flosci, diceva solo “pulsioni di morte”.

Ma, aldilà dei cazzettini, tanto perché voi lo sappiate, stiam parlando di uno che per almeno un paio di settimane è stato il miglior critico musicale del mondo. Ebbene, con gran sconcerto di noi bimbi belli, costui aveva scritto una cosa del tipo: “il signor Brian Eno e il signor David Byrne quei cazzo di nastri preregistrati potrebbero pure ficcarseli nel culo.” Si era ai tempi del cespuglio del fantasma e queste son più di tre o quattro parole, evidentemente il nostro era piuttosto incazzato

Vi lascio immaginare il ghigno di Sancio.

Poi un giorno che si era tutti a casa mia, misi su la mia cassettina di “Cluster & Eno”.

Vidi Sancio cambiare espressione...

“Chi è?”

“E' il genio finocchio”

“Il genio finocchio?”

“Si, con due tizi tedeschi.”

(Lunga pausa).

“Quei due devono aver trovato la macchina del professor Balthazar.”

Lo disse con la massima serietà...anzi no, con la massima dolcezza...anzi no, con una voce quasi blesa, come se avesse voluto imitare un bimbo....ma non voleva imitare un bimbo, quella era la sua voce..e quella voce l'avevo sentita solo un'altra volta...eravamo al parco, sballati persi...io avevo fatto fuoco da scuola...ce ne stavamo zitti...e lui guardava le paperelle...

“Son belle le paperelle” disse a un certo punto...

“Si, son belle” gli risposi.

Ma veniamo al disco.

“Cluster & Eno” se ne sta in un angolo tra oriente e occidente, quasi sempre nel segno della più estatica ipnosi.

E con delicatezza quasi irreale squaderna un sacco di roba...

Linee di piano tintinnanti e mistiche avvolte dalla loro stessa luce...rifrangenze raga...frasi di synth all'infinito a risvegliare i suoni della camera dell'inconscio...paesaggi, che quasi allo stato gassoso ( si chiamerebbe sublimazione), sembran come restituiti alla loro essenza più pura …

E poi nuvole che passano...tenui sinfonie giocattolo...fritto di paranza...

Ah, no, “Fritto di paranza” lo avrebbe detto Sancio se il disco non gli fosse piaciuto. Ma, cazzo, gli era piaciuto!!! “Quei due devono aver trovato la macchina del professor balthazar” aveva detto.

E a tutti noi piacque l'idea che quella musica così essenziale fosse nata da una macchina magica. Eno, Moebius, Roedelius divennero così i Balthazar.

Ma ci sarebbe molto di più da dire, solo che non mi viene...l'unica è prendere a prestito qualche ricordo di Eno.

L'altro giorno in libreria ho leggiucchiato le prime pagine di “Before and after Eno”, scoprendo alcune fascinazioni infantili del nostro stratega obliquo.

La pianola meccanica del nonno, l'essenzialità di Mondrian e la rivelazione di come pochi elementi possano produrre un'effetto incredibilmente intenso, i giri in bicicletta esplorando le piccole spiagge e i dintorni del fiume e la sensazione “felice e trascendentale” che ne conseguiva.

Aldilà che a Mondrian avrei al massimo fatto decorare le piastrelle del bagno, direi che questi pochi elementi bastano e avanzano per capire una buona metà del disco.

Per l'altra metà forse basta sapere che Dieter Moebius e Hans Joachim Roedelius sono gli ultimi discendenti di una antica stirpe di maghi e alchimisti che si perde nella notte dei tempi.

Poi, si, certo, han mezzo inventato l'industrial ( o almeno così dicono) per poi mettersi a fare musica per giocattoli.

E se ne stavano persi in una casetta nella campagna tedesca, un luogo magari non magico come il paese naif di Balthazar... o magari si, chissà?

Un posto, di certo, con le paperelle.

Ah, me li vedo quei tre, sballati persi, a guardare le paperelle. Proprio come me e Sancio quel giorno.

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