Non è forse un caso che la copertina di Krautrocksampler di Julian Cope sia dedicata a Cluster II. Così come sempre giustamente Cope fa notare come “Cluster II è molto simile ai primi Suicide, ed è proprio difficile immaginare che Alan Vega e Martin Rev non si fossero ispirati a questa musica per i loro esperimenti sonori”. Se poi aggiungiamo che Sonic Boom (Spacemen 3, Spectrum, Experimental Audio Research e da sempre fanatico dei Suicide) lo consideri un disco da isola deserta il cerchio si chiude. I Cluster erano formati da Dieter Moebius (deceduto nel 2015) e Hans Joachim Roedelius. Io ho fatto in tempo a vederli dal vivo a Cascina (Pisa) nel 2010. Nell’occasione ricordo come lo spirito della loro musica non fosse affatto cambiato. Certo, rispetto a Cluster II ne era passata di acqua sotto i ponti (dopo questo disco la loro musica diventerà sicuramente più accessibile e melodica ispirando lo stesso Brian Eno con cui collaboreranno) ma l’approccio rigoroso alla materia elettronica era il medesimo.
Cluster II, pubblicato dalla Brain nel 1972 (lo stesso anno di Zeit dei Tangerine Dream e di Irrlicht di Klaus Schulze), può suonare radicale ad orecchie non ben allenate ma in realtà fu preceduto da dischi ancora più ostici nel loro rigoroso linguaggio di ricerca come Klopfzeichen e Zwei Osterei, usciti sotto il monicker Kluster con la “K” con ancora in formazione Conrad Schnizler, e dal primo omonimo per la Phillips. In confronto a questi precedenti lavori questo è un disco accessibile che ha avuto una grande influenza su molta musica successiva (i citati Suicide, la musica industrial, gli Experimental Audio Research e i Coil della svolta elettronica).
Rispetto a Klaus Schulze e ai Tangerine Dream i Cluster (in pratica anche Conny Pank è qui accreditato come membro effettivo) erano ancora più radicali. L’iniziale “Plas” è basata su ronzii sonori in linea con lo stile della Cosmica tedesca del periodo. La successiva “Im Süden” (di circa 12 minuti) è caratterizzata dal suono ciclico di una chitarra fuzz con in sottofondo suoni elettronici scarni e minimali. Certo siamo lontani dal rock’n’roll. “Fur Die Katze” è un altro breve momento di elettronica cupa che evoca paesaggi lunari. Il lato B inizia con la lunga “Live in der Fabrik” (circa 14 minuti), un vero e proprio trip in cui è completamente bandita la melodia fra pulsazioni, rumori e riverberi. In “Georgel” invece il suono di un organo lunare e irreale dona un tocco insolitamente musicale, cosmico e drammatico allo stesso tempo. Infine la conclusiva “Nabitte” chiude questo classico in maniera esemplare con suoni di pura avanguardia. Cluster II è un disco di culto che, a distanza di tempo, non ha perso nulla del suo fascino.
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