Alla base del progetto.
Le fondamenta sono rappresentate dal musicista elettronico, produttore e fondatore dell'etichetta Wagon Repair, Mathew Jonson
Ognuno nella vita ha quel che si merita, c'è chi guida l'autobus e soffre di ernia al disco, c'è chi vernicia gli yachts e muore di cancro al polmone e c'è chi fa il DJ e si ispira al cosiddetto lato B delle donzelle che ballano davanti a lui: "Le conseguenze del mestiere" racconta il nostro in un'intervista... sorvolo i commenti e gli improperi per dire che il compositore canadese rappresenta, per buona parte della critica e delle orecchie che contano, il guru di un nuovo tipo di techno.
Una techno mescolata alla fusion e a soluzioni più ricercate, alla quale dovete aggiungere un pizzico di cultura generale da Thelonius Monk all'hip hop e il gioco è fatto!
Non è solo però in questo progetto che risponde al nome di Cobblestone Jazz, Mathew si affianca a Danuel Tate e Tyger Dhula: il primo come tastierista/pianista dal retro gusto jazz e artefice delle inserzioni di sonorità swing nelle ritmiche techno; il secondo responsabile invece di loops e samples nel terzetto di Vancouver che realizza con "23 Seconds" un discone, signori lo ripeto: un discone!

Lo spirito dell'improvvisazione e jazz si mescola alla techno in una commistione che, devo dir la verità, inizialmente facevo fatica a cogliere e ad accettare. Non sono né un fan di techno, né un fan di jazz però ho comprato questo cd a scatola chiusa facendomi trascinare da opinioni di amici, letture sparse e brevissimi brani scaricati, poi l'etichetta K7 serviva da garante di qualità. La label berlinese specializzata in elettronica cool per palati fini mi ha regalato in passato grandi soddisfazioni (Herbert e Dani Siciliano, Tosca ecc) e ora l'operazione di inserire nella stessa edizione il loro Live al "Mondo" di Madrid arricchisce non poco il pacchetto.
Se vogliamo proprio passare dalle fondamenta alla fine, partiamo proprio dall'analisi di questo cd live che trasmette lo stato del genio armonico della band al 10 maggio 2007 nella capitale spagnola. Il terzetto è in buona forma e si percepisce subito che la forza è il feeling con cui riescono a interagire fra loro, niente è come sembra, ovvero quando partono i ritmi incalzanti per far muovere la pista non si disdegna un colto intermezzo che rilassa, lascia pettinare le belle ragazze sudate e illuminate dalle luci stroboscopiche della pista, ma rivela anche lo spessore dei musicisti prima di ripartire nelle frenetiche danze.

Nel disco vero e proprio è doveroso invece citare: "Lime In Da Coconut" - terza traccia - che raggiunge quasi i dieci minuti di durata, dando la sensazione di assistere ad una improvvisazione in studio, dove nella base ritmica si iniziano a costruire orpelli e ad aggiungere creazioni armoniche che fanno trapelare il talento sperimentale del terzetto. La title track invece, come dicono i recensori giusti, ha una serie di soluzioni interessanti e forse è la traccia che mi strega di più insieme a "Peace Offering". Il disco si chiude con una magistrale "W" dove organetti hammond intervallano gli andamenti techno e formano una sinergia che lascia la voglia di premere ancora play o inserire repeat per non uscire da questa splendida unione tra passato e futuro.

Se da un lato infatti si respira la matrice progressista e attuale della musica techno, ci accompagna sempre un affetto e tributo ad alcune sonorità del passato. Sonorità che si fanno umili stacchetti o che si accontentano di essere come un orecchino della nonna nel lobo della splendida nipote che va a ballare in discoteca; la nipote che ascolta techno oggi è legata alla nonna che si rilassa con il jazz e, con profondo rispetto e fierezza, indossa quel paio di orecchini che la fanno essere ancora una volta la più bella in pista e non solo per il suo lato B...

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