Segnatevi questo nome. Quattro lettere mese in fila per una sigla che fa ben sperare la nuova musica italiana.
Messi sotto contratto dall'etichetta fondata dai piemontesi Gatto Ciliegia (altro nome importante della scena indipendente italiana), il trio licenzia un gran bel disco.
Molto coraggioso nel mostrarsi molto "teatrale" nell'attitudine ma non per questo risultare ostico.
Il disco in questione consta di dodici brani, uno più bello dell'altro, che vanno ad occupare certo filone della canzone d'autore, seppur in questo caso con accenni di sperimentalismo post-rock.
Moltissimi sono gli "attrezzi" utilizzati dal gruppo che, oltre al solito trio chitarra-basso-batteria si serve di violoncelli, tromboni, contrabbassi, harmonium, campionamenti e tant'altro per far rendere al meglio le proprie geometrie sonore.
Rilevante la presenza di testi molto ispirati, tendenti alla poesia e ad un modo particolare di suonare gli strumenti.
I contenuti dell'album vanno dalla leggerezza mai banale di canzoni come Gatta, Pugile e Giulia per arrivare ad autodenunce (l'azzecatissima Mea culpa), all'incantevole Mellifluo, con quei versi di clarinetto che qualche lacrimuccia la fa versare. In mezzo l'elettronica portata all’estremo in Tubi e il diario di Stefano Giaccone nella colta e affascinante Agosto, Torino, Pavese.
Insomma un disco da acquistare senza esitazione, anche per dare uno slancio a questa scena indipendente che in Italia abbiamo ma che dobbiamo far emergere.
Consigliato anche a chi di post-rock non sa niente (e vorrebbe comprendere) ma conosce molto bene De André o Guccini, per esempio.
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