"Il vento, gli odori. No. Una canzone lontana. Oppure il mio passo sul selciato. Nel buio io non so. Ma so che sono tornato a casa." Elio Vittorini, Ritorno - Lunario siciliano.

La musica di Colapesce, siciliano anche lui, mi procura immediati rimandi al modo di scrivere e alle tematiche care alla letteratura di Elio Vittorini, in particolare alla sua cronachistica e sintetica poetica delle rimembranze. Sintetica per modo di dire. Chi scrive bene ha il dono di farti apparire davanti agli occhi, con poche parole, delle immagini vive e perfette, qualcosa in più di fotografie, qualcosa in meno rispetto alla fluida realtà. Colapesce scrive bene i suoi testi e la sua musica. Istantanee attive, strappate con astuzia al mondo morfinico ed onirico, portate con dovuta maestria nel regno dei vivi e svegli. Ad esempio, si può pensare ad una spiaggia lunga chilometri con pochissimi ombrelloni, dove tutto è fermo e a muoversi sia solo l'acqua. Se ne ascolta il piacevole e lieve fragore sul bagnasciuga. Se ne sente sulla pelle il vapore acqueo dovuto all'inesorabile evaporazione estiva. Se ne sente nelle narici l'odore di pescato, o di legno di chiglia fracido, abbandonato un po' più in là. Qualsiasi cosa si dica, tutto sembra essere ritorno. I paesaggi sonori sviluppati da Colapesce & band sono multisensoriali, la musica è la causa scatenante, il resto viene da sé. Grazie a questi quattordici brani si ha l'impressione di potersi regalare ogni giorno una lucida e visionaria immagine sempre diversa e sempre verde. "Un meraviglioso declino" è un album generoso in ogni senso. Trasmette opulenza e accoglienza, calore umano e meteorologico e bocca secca da pennichella di agosto intorno alle tre. Ci sono sveglie di soprassalto, sudati, con il cuore in gola o ci si lascia prendere dalla nobile noia di giorni troppo uguali a se stessi.

Si tratta di un cantautorato curato, malinconico il giusto, zuppo di atmosfere da sogno ma capace di guardare in faccia alla realtà. Per cui con "Un meraviglioso declino" ci si muove, agili, tra temi che si possono toccare con mano, analisi di cose piccole che d'improvviso s'illuminano in tutta la loro determinante significanza. Colapesce mi dà l'impressione dell'asettica complessità di un Battiato messa in riga dal pragmatismo di Battisti. Mi fa anche pensare che tutti i pretendenti al trono degli anni '90 (Gazzé, Fabi), ma anche degli '00 (Dente), abbiano involontariamente dato, con la loro insipienza, un contributo determinante per la nascita di qualcosa di buono, di verace, di sensato.

Quattordici tracce curate scrupolosamente, mediterranee a prima vista ma di gusto attuale e facilmente spendibile anche in lande nordiche, suoni concepiti per fare incetta di "sì", capacità, secondo chi scrive, di saper andare a raccogliere consensi in pubblici più e meno maturi. E, ripeto, quattordici brani senza cadute di tono, se considerate che il tono è quasi sempre quello di un cuore che non vuole smettere di battere, ma vuole farlo con calma. Un disco per automobili che si muovono stanche, seguendo il percorso dei lungomare al tramonto. Canzoni che ne hanno viste tante e che aiutano chi ascolta a non sentirsi solo e perso in un'estate che, mai come quest'anno, si preannuncia retrò.

Una rivelazione targata 2012. Di sicuro, un album di gusto per gli amanti del genere.

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