Coldplay put a smile upon your face!
È questo che accade ascoltando il nuovo lavoro dei Coldplay.
Non sei nemmeno arrivato a metà disco e ti ritrovi con un bel sorriso stampato in pieno volto. Sorrisi di gioia, estasi oppure di scampato pericolo fate voi, resta il fatto che i londinesi ci consegnano uno dei migliori dischi dell’anno.
Nel 2000 un esordio folgorante con un album dall’alto impatto emotivo che fece subito gridare al miracolo. Da quel momento in poi non fu tutto rosa e fiori. Nonostante “Parachutes” viaggiasse accompagnato dall’entusiasmo di critica e pubblico, un’inaspettata crisi d’identità mise a dura prova il gruppo rischiando di farci ricordare i quattro londinesi come una delle tante meteore del panorama musicale.
Per questo motivo il crudele mondo del rock era pronto al varco, attento nel vedere se questa seconda fatica fosse la conferma di tanta bravura o se viceversa si poteva inserire il nome “Coldplay” nella lista dei “veloci a raggiungere la vetta altrettanto veloci a cadere nell’anonimato”.
Ma come abbiamo già detto dall’uscita di “A rush of blood to the head” solo sorrisi.
In My Place” è il singolo che per impatto e intensità raccoglie l’eredità lasciata da “Yellow” mentre spetta a “The Scientist” come fu per “Trouble” il compito di riconsegnare all’emotiva voce di Chris Martin e al suo pianoforte il ruolo di colpirti dritto al cuore.
Per il resto emerge un lavoro che pur mantenendo il marchio di fabbrica Coldplay che tanto ci aveva stupito in “Parachutes” mostra un'evoluzione stilistica tipica delle grandi band.
Testi più maturi, melodie e arrangiamenti maggiormente curati, una miscela di malinconia ed emozioni che non mancherà anche questa volta di avere un grande impatto sull’ascoltatore.
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