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Un mondo freddo, gelato, 0 Kelvin, quando nessuna molecola è più in movimento, quando le particelle più piccole di ognuno di noi, di ogni cosa esistente si fermano, inchiodate a terra, nell'aria, nell'acqua, tutto è un unico blocco, una cosa sola, i corpi non sono più in estensione, il movimento si riduce ad una potenza smettendo di essere un atto, l'infinito diventa a portata di mano, l'infinitamente piccolo sembra irraggiungibile, non è la fine del mondo, è semplicemente musica, sublime ipnosi per la mente che viene trascinata in mondi oscuri e lontani, pura astrazione ed estraneazione del corpo che si ritrova immobile ed ammaliato dalle cupe atmosfere create da Coldworld.
Brani che non raggiungono lunghezze esorbitanti (il più lungo è di 8 minuti.), riff essenziale, secco, voce lontana che riecheggia come un lamento nell'infinità dello spazio e in contemporanea si infrange sulle barriere che racchiudono il mondo e l'universo, violini che ogni tanto fanno capolino e non fanno che aggiungere malinconia ad un mondo già alquanto torvo, tastiere dai tasti di ghiaccio, ogni nota è perfettamente integrata in un mondo quasi mistico e irreale, come nella bellissima "Winterreise", poche note intonate una appresso all'altra, una ripetizione quasi ossessiva ma allo stesso tempo dolce, rilassamento per le membra e per l'anima, pace con il mondo intero, pace che però, in questo caso, non si trova nel calore e nell'affetto, ma nel gelo e nella solitudine più totale.
La produzione sporca, come in quasi tutti gli album di questo genere regala punti in più all'artista, all'ascoltatore non è consentito distinguere suoni, chitarra e tastiera si sovrastano l'un l'altra creando un'atmosfera surreale e cupa, un lungo viaggio attraverso paesaggi innevati, alberi spogli, rovine, luoghi dove anche la speranza è già morta.
Un via vai di emozioni continuo, senza un attimo di noia, questa è musica che cattura e che imprigiona senza lasciare scampo, ed è un vero piacere rimanere intrappolati nella melodie di Coldworld...
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