Come spesso mi è capitato, ho scoperto questo gruppo proveniente dalla Russia per puro caso; non appena ho ascoltato la prima canzone, ho capito di avere fatto un'ottima scoperta. Non starò a raccontarvi quanta fatica ho fatto per farmelo arrivare direttamente dal suo paese di origine per poi scoprirlo tra gli scaffali di un negozio del centro, altrimenti rischio di farmi venire un'altra crisi isterica. Quello che conta che sappiate è che ho sudato per averlo e non mi sono mai pentito della lunga attesa né delle svariate crisi isteriche.

La proposta di questi signori è un Funeral Doom di pregevole fattura che sfida senza problemi mostri sacri del genere quali Evoken ed Esoteric; tenendo presente che sono da me considerati i migliori nell'ambito, potrete immaginare quale sia il valore di "Not A Gleam Of Hope" (come sempre titolo molto rasserenante). Benché vi abbia citato questi due complessi, forse quelli a cui il sound dei nostri si fa più vicino, la proposta dei russi va molto oltre e si rivela in un certo senso molto più moderna. Lo spazio riservato alle chitarre, molto marcato nei gruppi da me elencati, viene drasticamente ridimensionato in questo album, in cui invece è la tastiera a ricoprire il ruolo principale. Chiaramente, trattandosi pur sempre di Funeral Doom, questa mia affermazione va presa con le pinze e non deve farvi aspettare un lavoro tutto Synth e al limite con l'Ambient.

Le canzoni, come da tradizione, hanno durata molto lunga (superiore ai dieci minuti) e pertanto, pur essendo solo quattro, la durata dell'album è parecchio consistente. Vi confesserò fin d'ora che il motivo per cui questo lavoro non riceve il massimo dei voti è proprio l'eccessiva durata delle canzoni, vale a dire che è il medesimo motivo per cui non darei mai il massimo ad un disco Funeral Doom. E' infatti male comune, tra gli artisti appartenenti a questo filone, comporre pezzi così lunghi che si finisce per ripetere fino alla nausea gli stessi giri o, come più spesso accade, per inframmezzare Riff veramente ispirati ad altri che sono autentici Filler. "Not A Gleam Of Hope" non fa eccezione e, purtroppo, alterna parti veramente sbalorditive ad altre decisamente fiacche e tirate per le lunghe.

Tornando alla proposta del trio russo, devo ammettere che raramente mi è capitato di sentire canzoni tanto ben fatte: basta la parte iniziale di "Suicide Grotesque" per capire a cosa mi riferisco. Nel giro di pochi minuti si viene gettati in un labirinto di disperazione e sofferenza dal quale non c'è altra via d'uscita che la dissoluzione del corpo. In altre parole, ciò che ogni disco Funeral Doom vorrebbe comunicare: la morte come fuga dalle angustie della vita. So che come sempre ora inizieranno le polemiche sull'aberrazione che questo comporta, di quanto sia contro natura cercare di eliminare lo spirito di auto conservazione e di quanto siano pericolosi/in malafede i messaggi trasmessi da questo genere musicale. La vita è bella, insomma. Forse dovrei fare un appello ai giovani italiani, in stile "Ciampiano", in cui dico che ce la possono fare, che la felicità è lì a portata di mano e che bisogna volersi bene l'un l'altro. Ma questa è la recensione dei Comatose Vigil e non una di Gianni Moranti: se siete ottimisti o semplicemente non pessimisti questa roba non fa per voi.

La realtà dipinta dai Comatose Vigil è buia, nemica, invincibile: se altri lavori del medesimo genere come prima emozione suscitano nichilismo, "Not A Gleam Of Hope" deprime. Come è ovvio, non si tratta delle melodie dolorose e strazianti del Depressive Black, bensì di mortificanti fotografie di fallimenti. Non è una felicità persa né un esasperato autolesionismo, ma una serenità resa irraggiungibile dalle pene dell'esistenza, una tortura cronica che rende vano ogni ricordo e ogni speranza. Questo album non è una minaccia; la minaccia è già realtà. Le Keyboard, più che mai gravi, sono il mezzo espressivo di questa musica dalle forti tinte tragiche: niente lieto fine, anzi, niente fine affatto. Il dolore è sopportabile si vi si intravede un termine. Invece si è condannati a subire, impotenti, l'accanirsi spietato della vita.

Sotto il profilo musicale, non c'è molto da dire; l'abilità maggiore in un genere come questo non è tanto da ricercare nella tecnica strumentale quanto nella capacità di scrivere pezzi convincenti e credo oramai di non avervi lasciato dubbi. Come ho già detto, gli arrangiamenti sono il punto forte di questo cd: accanto ad una chitarra pachidermica, tastiere aeree ma non per questo leggere tratteggiano immagini da incubo, suggello a tempi lentissimi in pieno stile Funeral Doom.

La voce, chiaramente effettata, è un growl che di umano non ha più nulla e che si adatta benissimo al tappeto sonoro steso dagli altri membri.

Credo che, avvicinandosi con le dovute precauzioni, anche i testi possano risultare molto interessanti e di sicuro rappresentano un compendio adeguato ad un lavoro di questo tipo.

Non credo ci sia molto altro da dire su un album che, pubblicato in un anno in cui il Funeral Doom era già cresciutello (il 2004), riesce a sbaragliare la ben più celebre concorrenza: se considerate anche che all'epoca erano dei debuttanti (recentemente è uscito il loro secondo lavoro, "Narcosis") e che provengono da un paese solo recentemente popolato da band Metal, capirete il talento dei Comatose Vigil. Capolavoro Funeral Doom.

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