Ormai da un po' di anni mi ostino a comprare quasi regolarmente riviste musicali, anche ora che, col dilagare delle webzine, la funzione informativa delle stesse sta clamorosamente scemando. Mi definirei un sentimentale, per me la rivista cartacea non verrà mai sostituita dalla volatilità del "mare magnum" della rete. Proprio leggendo una nota rivista italiana (che per rispetto della privacy chiamerò Odore) sono incappato in una di quelle recensioni che mi fanno realmente incazzare.

Nel parlare di questo nuovo album dei Comets On Fire, combo proveniente da Santa Cruz, il buon recensore in questione esordiva affermando di "amare il dono della sintesi" e che "in massimo tre minuti una canzone debba esprimere un concetto, quale esso sia". Ora se stiamo parlando di un gruppo punk o hardcore o di emuli beatlesiani vari siamo in perfetta sintonia; ma i Comets On Fire sono una band hard psichedelica dedita all'improvvisazione selvaggia e al caos sonoro, quindi cercare in loro il dono della sintesi è come andare dal macellaio, fargli un pippone sul fine coercitivo del Potere e aspettare che questi ti risponda citando Foucault. Ovvio che può sempre accadere, visto che l'abito non fa il monaco, ma mi sembra operazione alquanto sterile.
Capisco anche che i gusti musicali siano indissolubilmente personali (ci mancherebbe) e che le politiche editoriali non permettano al recensore di scegliersi i dischi di cui scrivere, ma parlarne senza cognizione di causa e in maniera prevenuta è intellettualmente sbagliato.

Di certo i Comets On Fire non cambieranno la storia della musica, ma nel loro piccolo sono un gruppo spaventoso. Anche se questo "Avatar" è a mio avviso un pelo inferiore al precedente "Blue Cathedral", a tutt'oggi il loro lavoro migliore, c'è comunque di che gioire per i fan dei suoni hard psichedelici. Se una critica si può muovere all'ensemble, è quella di aver, in alcuni frangenti,  smussato un po' troppo gli spigoli taglienti che caratterizzavano i lavori precedenti, soprattutto in "Lucifer's Memory", ballata un poco melensa, paragonabile (ad esser buoni) a "Miss X" degli Mc5 oppure (ad essere cattivi) ad un crooner fallito che suona in un piano bar di periferia. Il resto si attesta su livelli eccelsi; la capacità con cui i Comets manipolano una materia sonora deragliante e caotica senza mai perdervisi dentro è invidiabile. Esemplificative in questo senso "Dogwood Rust", che parte jazz e finisce quasi noise, e le alternanze di quiete e accelerazione in "Jaybird".

Ora vi saluto perchè vado a disquisire di sciamanesimo tunguso col lattaio.

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