Seconda ed ultima opera dei Comus, fin troppo immeritatamente sconosciuto e balzano gruppo inglese. Purtroppo anche coloro che risulterebbero, con qualche abbondante oncia in più di considerazione, un interessante e innovativo complesso progressivo, cedono ad una allettante proposta commerciale ben delineatasi nei brani di quest'album.
La partenza ricorda con troppa nostalgia i ritmi marmorei e inquietanti di "First utterance", che lascia appunto uno strascico di appena quattro o cinque minuti, per poi crollare in uno stile fin troppo simile ad altri gruppi emergenti dell'epoca. Malgrado tutto si può però asserire che si tratta comunque di un'opera che lascia qualche segno nella memoria dei più minuziosi ascoltatori. Scandagliando bene il fondale della fossa scavata nel primo album, vi si possono trovare dei pezzi interessanti.
Siamo però costretti a dimenticare gli strumenti muschiosi presenti nell'ouverture della carriera dei Comus, così come bisogna dimenticare le eoliche sortite vocali di Wootton, gli echi sinistri dei cori, nonostante ne sia rimasta qualche valida traccia, i tamburi battuti a mano, percossi ora dalle ben più comode bacchette, e gli arpeggi cesellati sostituiti da improbabili riffs di essenziale fattura.
Prevale la voce femminile, dal timbro interessante e acutissimo, vi è ancora qualche traccia di apparente e geniale stonatura nelle estensioni vocali ben più elastiche della prima fatica. In qualche punto, qualche orecchio più attento potrebbe addirittura cogliere qualche cosa di Janis Joplin, ovviamente di un livello abrasivo ben più basso e dal timbro ben più fluido della stravagante bluesgirl americana.
Degne di nota "Figure in your dreams", "Children of the universe" e "Perpetual motion". Ma ripeto, se volete ascoltare oscure boscaglie gotiche animate da indecifrabili ombre sinuose, sortite estemporanee di femmine ululanti, ataviche contorsioni di umanoidi sofferenti e percussioni selvagge di pelli affumicate, siete costretti a cambiare supporto. "First utterance" è quello che fa per voi. "To keep from crying" è l'epitaffio orchestrale del preannunciato scioglimento di un gruppo che si abbandona al necessario quieto vivere seguendo incerte strade solistiche.
Carico i commenti... con calma