Cosa successe esattamente nel Vaticano durante la seconda guerra mondiale ed in particolare durante lo sterminio sistematico degli ebrei da parte di Hitler?

E' un quesito monumentale quello che il regista greco Constantin Costa Gavras cerca di analizzare nel suo "Amen". Presentato al Festival di Berlino nel 2002, il film in questione suscitò una miriade di polemiche sia a causa della sua locandina (vietata in molti paesi, tra i quali l'Italia), sia per il tema trattato che molti hanno definito come "anti cattolico".

Amen nasce dall'adattamento dell'opera teatrale "Il vicario" del drammaturgo tedesco Rolf Hochhuth. Una storia che racconta di un ufficiale delle SS, tale Kurt Gerstein (interpretato da Ulrich Tukur), che incaricato di badare all'igiene del corpo militare viene a conoscenza delle pratiche assolutamente incredibili che subiscono gli ebrei rinchiusi nei campi di sterminio. Animato da un sentimento d'umanità che non conosco i suoi altri compagni delle SS, Gerstein si mette in testa di voler divulgare ciò che ha visto, appellandosi in particolare alla Chiesa e al Vaticano. In questo viene aiutato dal giovane Riccardo (Mathieu Kassovitz), anch'esso desidoroso di poter in qualche modo aiutare quelle persone.

Dove va a parare il film di Costa Gavras? "Amen" non è il solito filmetto di guerra sulla realtà concentrazionaria: il riferimento rimane "Schindler's List", ma Amen riprende dal capolavoro di Spielberg la drammaticità della vicenda e molto meno la vita all'interno del campo. Ciò che preme di più al regista è dimostrare l'ostinazione cieca degli organi della Chiesa tutta nello sviare ciò che faceva Hitler in semplici e rapide conclusioni. Nessun ecclesiastico interpellato da Gerstein e dal suo amico Riccardo ha saputo dare delle garanzie sullo stop delle deportazioni, nemmeno il Papa. Tutti sembravano troppo presi a nascondersi dietro un velo di omertà spudoratamente macchiato di paura e menefreghismo.

Ecco i motivi per cui "Amen" non è andato giù al Vaticano: un film troppo "vivo" e realista per poter essere archiviato come una provocazione. Nella pellicola di Gavras c'è verità, c'è storia, c'è la difficoltà esistenziale di due uomini, nonchè quella di un popolo intero.

"C'è la vita così com'è e c'è la vita come dovrebbe essere. Sfortunatamente dobbiamo vivere nella vita così com'è."

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