Greg Lowery.
Uno di quelli coinvolti nei Rip Offs e nella Rip Off Records.
Fine della storia.
Perché non serve conoscere altro per fiondarsi ad occhi chiusi addosso a «Mindless Entertainment».
Che, se non è il disco punk definitivo di quest’anno domini 2017, poco ci manca.
Di sicuro è il disco dell’estate, come la manifestazione canora che imperversava fino a qualche anno fa.
Solo che qui sto dicendo di un’estate punk e non di UN disco per l’estate ma DEL disco per l’estate, appunto.
Tanto lo so che Greg Lowery, i Rip Offs e la Rip Off Records sono per te peggio di Carneade, chi era costui, per cui vado un po’ di storia.
E che storia.
Perché Greg Lowery all’inizio suona nei Supercharger e già questa è una cosa bella di per sé.
Poi però finisce nei Rip Offs.
La metto così, che se ancora esiste una ragione per ascoltare punk negli anni Novanta ed oltre, allora i Rip Offs sono una ragione immensa e «Got a Record» è poco più che la croce da sbattere in faccia all’orda corporate-punk che imperversa in quel decennio buio e disperato.
Proprio come Abraham van Helsing, sulla facciaccia di Dracula.
Vade retro Blink 182, ovvio, ma pure Green Day e Offspring, e pure i Rancid, vade retro a tutti.
«Got a Record», in poche parole, battezza tutto il lo-fi di là da venire, tutto il punk in bassa fedeltà che torna a risuonare grezzo e sporco nelle cantine, i New Bomb Turks e i Teengenerate di ogni dove.
È questione di stile, ma pure di immagine.
Tutti nerovestiti, passamontagna nero in volto, e via a pisciare in pieno giorno sulla fiancata del furgone degli sbirri.
Questione di stile più immagine, qualcuno la chiama attitudine.
Che è quella cosa che ti fa capire che un gruppo punk, ma punk per davvero, mica può durare gli anni.
Per cui i Rip Offs durano pochi mesi, quel disco epocale e una manciata di singoletti.
Poi le righe si sciolgono.
Però rimane la Rip Off Records, giusto per diffondere il verbo.
Statics, Registrators, Loli & The Chones e pure tanta altra bella gente, vengono fuori tutti da lì.
Non conquistano il mondo, figurarsi, nessuno di quei brutti ceffi.
Ma chi è rimasto al palo del do-it-yourself, tipo il triennio 1974/1976, ne ritrae una bordata di goduria che è difficile da descrivere se non la si è vissuta.
Ora, tra le innumerevoli fortune della mia esistenza, quel periodo lo vivo, e forse mi accontento di ben poco ma quei gruppi ce li ho ancora radicati saldamente dentro al cuore.
Greg mette pure in piedi altre storie, gli Infections e gli Zodiac Killers, che condividono la sorte dei Rip Offs e lì perdo le sue tracce.
Fine Novanta, inizio secolo, più o meno.
Ma mica basta qualche lustro passato sotto silenzio a farmi dimenticare chi ha scritto una gran bella storia, per quanto piccola e poco condivisa sia.
Allora, qualche mese fa la Slovenly Recordings se ne viene fuori con questa pagina in cui strilla che è riuscita a riportare Greg sulla scena e se ne bulla alla grande.
E ha pure tutti i motivi per farlo.
Andando per ordine.
I Control Freaks sono la nuova creatura di Greg Lowery.
«Mindless Enternainment» è il disco d’esordio e suona come la conseguenza logica di quel portento di «Cretin Hop».
Perché se i cretini vogliono saltare ancora, «Mindless Enternainment» è il disco che li farà saltare fino allo sfinimento e magari, come in una bella favoletta, li spedirà pure in paradiso.
Programmatico fin dal titolo, intrattenimento insensato, demente, in pensieri, parole opere e pure omissioni.
Traducilo come preferisci ma la sostanza è sempre quella di un punk pop pressoché perfetto, soprattutto bello grezzo come quello dei primi Buzzcocks.
E poi è vero che c’è Greg qua e c’è Greg là, e su e giù, ma una fuori di testa come Natalie Sweet, con cui Greg divide la scena, è davvero da rimarcare.
Come la sua vocina garrula, e pure querula, in quel capolavoro che è «PTSD» e che davvero la mia estate la sta marchiando in modo indelebile.
Meglio stare zitto e non fiatare.
C-O-N-T-R-O-L CONTROL FREAKS!
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