Provate a chiedere a Nate Newton, bassista del gruppo recensito, dove aspirare fumi lisergici e lanciare lame rotanti nelle vaste lande desolate del pianeta Dune, così da poter avere libere visioni apocalittiche; lui che grazie a queste cose, nel 1999, insieme ad altri pazzi furiosi, ha generato gli Old Man Gloom …e se questo è Hardcore che violento sia, altrimenti che Hardcore è?

Dopo aver passato quattro anni a fare legna (gavetta), con realizzazioni indipendenti/autoprodotte, finalmente nel 1994 i ragazzi, sortiscono le giuste attenzioni della Earthmaker Records; alla quale rifilare le proprie deviazioni e psicosi maniaco depressive facendole passare per arte filodrammaturgicaincazzata, ovvero "Halo in a Haystack".

I signori in epigrafe, che a generosità non avrebbero nulla a che invidiare neanche a Babbo Natale (vds splendida discografia), agli esordi si presentano con sonorità più asciutte, lontane dalle (il)logiche mathcore, quest’ultime strutturate su stocastiche sezioni ritmiche e partiture intricate che attualmente esaltano il gruppo, inserendolo d’autorità tra i mostri sacri del genere, post-Hardcore/MathCore fate vobis; quindici anni fa però questa giovane band, aveva già il talento che oggi dimostra di avere, della serie “i ragazzi si faranno…”

In copertina, troviamo un giovane Jacob Bannon impegnato in una delle sue solite performance da invasato in preda ai soliti deliri emozionali autodistruttivi.

Copertina che fa molto hardcore underground e “sempre al verde”, classica dagli stilemi punk; diversa da quelle pubblicate ad esempio nel 2001, con il progetto Jane Doe, in cui verremo allietati dalla poliedricità artistica del frontman, splendide opere fottutamente psichedeliche che fanno tanto Corrado Roi (veramente anche qualche anno prima Bannon esibì i propri disegni in copertina, ma facevano cagare, quindi non li caghiamo neanche, vuoi mettere?), al contempo, indicative di quella evoluzione artistica, fondante l'attuale struttura sonora della band, più ostica e selvaggia, vedesi l’ultimo Axe to Fall (2009).

Pronta comunque ad evolversi, insinuarsi verso nuovi lidi sonori, abbiamo così un progetto più raw, con tratti di un sound che fa tanto/un po’/quanto basta Entombed e di gruppi come Negative Approch, Discharge (bhe si!), Black Flag & Co, presentando una notevole aggressività sonora ma meno inalveata, forse più logica/lucida e meno paranoica.

Un Hardcore abilmente aromatizzato da sonorità a volte noise, nostalgiche, tua madre in mutande, colorate …centellinate! a tratti, da un sapiente e preciso jazz fusion, abilmente intramezzato come a voler ammortizzare dissonanza e selvaggia sonora; il tutto un tono sopra, a voler acquisire una propria identità, riformata su di un forte command compositivo, nell’ancor più straziata e corrosiva, voce di B(r???)annon, pronta ad inserirsi con precisa maestria, al pari di uno sniper.

Un disco da non sottovalutare, da ascoltare attentamente, con l’orecchio vicino alle casse, o in una camera vuota, o di notte all’improvviso quando tutti dormono.

Apparentemente meno complesso, ma comunque aggressivo, di grande impatto scenico, il vostro quando ci ballerete su, e sonoro, i vicini che si lamenteranno; la cui empatia è indicativa di quel talento, fatevi i cazzi vostri bastardi, distintivo le produzioni avvenire della band; quanto basti ad esaltare gli affezionati al genere.

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