Eccomi qui a parlare delle CordePazze, scoperta assai gradevole dal sapore mediterraneo il cui album di debutto, uscito nel 2008 ma tuttora misconosciuto, bisogna riconoscerlo, è davvero folgorante. Il quartetto siculo riesce a sorprendere ad ogni canzone senza mai essere ripetitivo, districandosi tra testi frizzanti ed originali, brevi saggi di vita e nevrosi quotidiane, arrangiamenti pop, eredi spirituali di De André ma senza rinunciare alla migliore tradizione popolare di cui si ritengono giustamente figli.
Si parte con il "Preludio", rivisitazione ironica del già citato cantautore genovese e si parte subito in quarta con "Sono Morto da Cinque Minuti", ballata sincera e malinconica, autentico "proemio" del disco. Segue "La Canzone dello Spacciatore" dal testo inquieto e vivace, un ritmo che non può non far battere il piede per quella che può solo in superficie apparire una canzonetta. Il divertente racconto della "Sinfonica Sociale" conclude una perfetta "trilogia pop": da qui in poi si lascia spazio ad una canzone forse più impegnata ma non meno godibile. Ne è un esempio l'ode civile "Giovannino Senza Paura", seguita dalle nevrosi psichiatriche del "Dr. Freud"; poi si prende il diretto da "Parigi", mai stata così calda e vicina ai ritmi latini, per la pittoresca "Verona" confusa tra antico e contemporaneo.
Con "Giovanni Telegrafista" inizia un anticlimax che rallenta l'album fino a farlo fermare sulle note dell'ironica "Parolaccia", stupendo epilogo dell'album, ninna nanna che con una melodia impeccabile riesce a sfogare rabbie e rancori in un testo da antologia.
Il genere assolutamente nuovo ed originale de "I Re Quieti" ne fa un piccolo capolavoro del bel paese: riuscendo a mescolare pop con canzone d'autore e canzone popolare con testi di sofisticata attualità hanno dimostrato la possibilità di unire felicemente presente e passato, tradizione e innovazione.
Il loro è uno splendido esempio di umiltà artistica: "I Re Quieti" è un disco sincero e divertente dall'inizio alla fine, inspiegabilmente ignorato fino ad ora dal grande pubblico e dalle "major" discografiche: è una dimostrazione della bravura e della validità dei musicisti nostrani, che riescono ancora a stupirci e a farci ascoltare buona musica senza doversi per forza "prostituire".
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