Ottimo questo disco dei Conershop (credo il 6° di una lunga serie ma potrei sbagliare) che segnò il lancio nel grosso del mercato musicale col singolo "Brimful of Asha" remixato da Norman Cook alias Fatboy Slim nel lontano 1997. Qui le contaminazioni dei generi sono all'ordine del giorno ed è una bella soddisfazione.
L'album si apre con il classico suono dell'harmonium indiano che dopo poche note presenta "Sleep on the Left Side" indolente e suggestiva col riff ipnotico del basso, l'incontro perfetto tra l'India e il Britpop. Si continua col singolo "Brimful of Asha" sopra citato che qui, a differenza del remix di Fatboy Slim, appare più mollo e stanco, con il ritmo in levare rilassato e senza mordente. Bello l'intermezzo musicale di "Butter the Soul" con tanto di suoni skrechiati e non sense sonori. Col brano "Chocolate" si arriva in territori dub con poca elettronica e molta voglia di sperimentare. Ancora il Sitar a sottolineare la demarcazione e l'appartenenza del gruppo, a introdurre "We're in yr Corner" una canzone quasi indiana col ritornello-mantra cantato come fosse una canzoncina pop. "Funky Days Are Back Again" dice tutto nel titolo, introducendo un bel tappeto ritmico sul cantato straniato di Tinder Singh, personaggio stralunato e costantemente spaesato (visto a Milano sembrava un pesce fuor d'acqua, anche sul palco). Con "What is Happening" si parte con le percussioni in stile classico raga per sovrapporsi a suoni, effetti larsen, distorsioni all'insegna dell'improvvisazione e dell'anima psicadelica che permea tutto l'album. Con "When The Light Appears Boy" i suoni vengono presi direttamente dalla strada (un mercato?) e messi a sottofondo al recitato ispirato e quasi religioso. Bello l'inserimento di una simil banda di paese che alleggerisce tutto dando una nota ironica e divertita al brano. Con "Coming Up" si torna a fare sul serio: sitar, batteria e campionamenti la fanno da padrona in questo strano e ipnotico miscuglio molto seducente. La successiva "Good Shit" si torna alla canzone tradizionale e, abbandonati gli sperimentalismi, si torna al pop d'autore, carino ma, dopo la sbornia precedente, abbastanza prescindibile. Con "Goo To Be On The Road Back Again" entra una splendida voce che non sono riuscito a trovare nei credits che ci riporta a una canzone dai forti connotati 60ies, che non sarebbe affatto stonata cantata a Woodstock nel 68... Arriva "It's Indian Tobacco My Friends" e si torna in territori trip hop/dub con un'atmosfera rarefatta, usando poca elettronica - e qui sta la grandezza - con un effetto magico e molto d'atmosfera. "Candyman" arriva con una specie di R&B indianizzato (in realtà un po' stanco) con velleità hip-hop nel parlato, stranianti e fuori contesto. "State Troopers" è l'ennesimo gioco di suoni che nulla toglie ma nulla aggiunge. E finalmente si chiude con la cover di "Norvegian Wood" con tanto di sitar e cantato indiano a rendere irresistibile e affascinante il brano del duo Lennon/McCarteny, conferendogli un'aurea mistica e psichedelica indimenticabile (oserei dire la perla dell'album).
Un album un tantino lunghetto ma che si ripaga ampiamente con le sue mille invenzioni e per aver saputo aprire (nel'97) il mondo musicale occidentale alle sonorità indiane e orientali portandoci in seguito il bangra, bollywood e i suoi derivati. Per molti una moda che si consumò nell'arco di qualche anno, per altri - me compreso- una bella scoperta che rimane tutt'ora.
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