Mio Dio la mia prima recensione su DeBaser.it… Che emozione… Non so da dove iniziare…

I Cortez, un trio belga mancante di basso.

Fanno parte di quella scena chiamata Chaoscore. I dischi considerati capostipiti di questo movimento sono "Jane Doe" dei non poco conosciuti Converge e "Shaping The Random" dei meno noti Shora. Fanno parte di questa scena gruppi del continente americano come The Number Twelve Looks Like You, Expectorated Sequence e Tower Of Rome; sono presenti anche gruppi italiani come The Infarto…Scheisse!! e Antithesis. Tengo a precisare che questa catalogazione non è di mia creazione ma è stata data dagli addetti ai lavori. Chi siano poi questi addetti ai lavori non lo so, ma non prendetevela con me se siete contrari alle catalogazioni. Chiusa questa anche un po’ inutile parentesi introduttiva, passiamo al cd in questione.

“Initial” è composto da dieci tracks, dalle durate molto varie, che vanno dai diciassette secondi agli undici minuti. L’opening track, a dispetto della breve durata che potrebbe far pensare ad un intro strumentale, è in realtà un piccolo massacro sonoro, dove una non chiarissima linea chitarristica, una ritmica difficilmente inquadrabile e una voce in scream (molto bella a mio parere) ci regalano un breve momento di annichilimento. Il posto viene ceduto immediatamente a “Mine De Rien”. Il pezzo si dipana in quasi cinque minuti, farciti di cambi di tempo e di riff. La chitarra ricorda a volte i flussi sonori tanto cari all’emoviolence, altre volte si cimenta in stoppati di stampo noisecore (vedi Knut). La batteria è bella storta, le ritmiche qualche volta sono difficili da seguire, ma si adattano alla perfezione alle stranezze chitarristiche, aiutate da urla psicopatiche e ripetute fino allo sfinimento. Gran bel pezzo. Il pezzo successivo è di passaggio, e lascia indifferenti, quasi come se non ci fosse per niente, e si giunge in men che non si dica a “Prompt”, che a fine dell’ascolto risulterà essere l’episodio migliore del disco. In quasi undici minuti, chiarissimi riferimenti ai Converge (Jane Doe), spudorate parti ispirate ai Neurosis (The Eye Of Every Storm) e agli Knut di “Challenger” costruiscono un maestoso e quasi commovente lamento di sofferenza, proprio come succedeva nella title track di “Jane Doe”. Un vero capolavoro.

Il disco poi si sviluppa tutto in queste coordinate, dove la matrice caotica si alterna alla perfezione coi tempi ipnotici tipici del noisecore più evoluto, con i ritmi spezzati del metalcore e con malinconici arpeggi, creando pezzi più o meno lunghi veramente coinvolgenti. Un disco importante se si vogliono capire le ultime estreme evoluzioni del post-hardcore.

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