«Bleach», «God's Balls», «Mudhoney».
È il 1989 quando a Seattle cominciano a fare sul serio per appiccare un fuoco che possa scaldare il cuore, quanto quello divampato nel 1976.
Va così che tre ragazzi di Melbourne, Peter, Ross e Bill si mettono in testa di piombare lì, where the action is, e magari qualcuno si accorge pure di loro.
Loro, che un po' di tempo prima hanno messo in piedi una banda – i Cosmic Psychos – e nel fatidico 1989 pubblicano il secondo album.
Il terzo, per non tralasciare l'ep all'esordio.
Quella musica che sta divampando a Seattle la sentono loro, questione di attitudine, una roba che non la fermi colle distanze né coi confini.
Inizia a circolare una parola strana, “grunge”, che tradotto sta per sporcizia, sudiciume.
«Quel termine lo sentii per la prima volta da un tecnico del suono, ce lo affibbiò durante un sound check, sarà stato l'84, ma che cazzo vuoi che mi ricordi», così Ross, immortalato in «Blokes You Can Trust», e chi vuole ci creda.
Comunque sia, i tre volano alla volta di Seattle.
E se magari qualcuno gli apre una porta, loro si imbucano dentro.
Va a finire che appena mettono piede sulla terra delle opportunità, gli piombano addosso tutti quei ragazzetti che la scena di Seattle la stanno costruendo proprio in quell'istante.
Proprio come quando i Ramones piombano a Londra per fiutare che aria tira, 1977, e gli si accalcano intorno tipi strani con nomignoli che sono ancora peggio delle sembianze, il marcio, lo strimpellatore e chi più ne ha.
Ma questa è la storia per sommi capi dei Cosmic Psychos.
E quindi, sempre dentro «Blokes You Can Trust», ci stanno in tanti – a memoria, cito Mark Arm e Eddie Vedder, Donita Sparks e pure Butch Vig, gli altri me li ricorderò solo riguardando il film – a dire di quanto sono importanti questi tre australiani per la scena grunge, e che i riflettori si sono accesi su Seattle, è vero, ma sarebbe andata pure meglio se fossero stati puntati su Melbourne.
I Cosmic Psychos sono, in poche parole, il gruppo più cazzuto che abbia infestato gli '80.
Brutti, sporchi, cattivi.
E d'una ignoranza tamarra che non ha uguali.
Tutto il giorno a spalare merda di maiale nella fattoria.
Appena finito, a sbavare sul poster di Elle Macpherson.
Poi a sfogarsi, annegando tutto nella birra di quart'ordine di un qualche pub di quart'ordine pure lui.
E poi a sfinirsi, in qualche altro pub che ancora sta aperto e passa sottobanco alcol di infima qualità.
Questi sono Peter, Ross e Bill.
Queste sono le loro canzoni.
La musica è il più devastante incrocio di Stooges e Motorhead che mai sia stato partorito.
Degli Stooges, quelli dell'esordio, ci stanno le schitarrate superfuzzbigmuff e il wha wha indemoniato di Peter, Peter che ha il poster di Ron Asheton appeso sopra il letto affianco di quello di Elle Macpherson.
Dei Motorhead ci sta il tiro da paura che non si esaurisce mai, fino ad immolarsi nel rock'n'roll più disastroso ed oltre.
Sta tutto dentro tre dischi.
L'ep «Down on the Farm» è il primo, 1985.
Sono un gruppo punk.
Ci piazzano dentro tre brani che vanno tutti oltre i sei minuti e ributtano fuori tre blues allucinati e pesanti come non si sentono da tanto tempo che se ne è persa la memoria.
Ma può tranquillamente essere hard rock.
Basta l'intro di «Custom Credit», comunque, inutile starci a discutere troppo.
Due anni ed ecco l'omonimo.
Ci sta dentro la versione country-a-modo-loro di «Custom Credit» e fanculo Nashville.
Ci sta dentro il primo inno da tramandare ai posteri, «Going Down».
Ci sta dentro pure il secondo inno da tramandare ai posteri, «David Lee Roth», ma passo oltre.
È il 1989 quando a Seattle cominciano a fare sul serio.
Loro tirano fuori il terzo, «Go the Hack».
Nove pezzi che spaccano tutto.
Di regola, quando mi tocca sproloquiare su un qualche attacco fulminante, tiro fuori sempre e immancabilmente «Give'em Enough Rope».
Ma solo perché i Cosmic Psychos e «Go the Hack» non li conosce nessuno e non mi va di stare a spiegare.
In realtà, questo qua – «Lost Cause», «Rip'n'Dig», «She's Crackin' Up» – fulmina mille watt più di «Give'em».
E poi altri sei pezzi che non mollano un centimetro.
Tra nottate malmesse al pub e pure l'inno per l'agognata Elle.
Brutti, sporchi e cattivi.
I più grandi.
Punto.
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