Circa cento anni fa, negli anni della prima guerra mondiale, esistevano luoghi pressoché sconosciuti, avvolti nel mistero e nella leggenda. Luoghi difficoltosi da raggiungere, pericolosi, pieni di insidie. L'Amazzonia, le rive dei grandi fiumi, i villaggi indios, lingue ed animali sconosciuti. Tempi oramai andati, nell'epoca dell'orgia informativa, della mancanza di dubbi. Delle incertezze incrollabili. Rimane un mistero, quello insondato di noi stessi. Della nostra anima.

Sarà questo che avrà spinto Cosmo, voce e frontman dei Drink To Me, a realizzare il suo primo disco solista. In italiano. Evocazioni, istantanee di esistenzialismo, gettate tra i sentieri della quotidianità, in una realtà che funge da sottofondo, nella continua ricerca interiore. “Disordine” sorprende proprio in questo, nella creazione di un immaginario completamente astratto e slegato da qualsiasi contatto terreno, quasi fosse avvolto in uno spazio parallelo, non tanto onirico, quanto immaginifico e metafisico, slegato dalla dittature delle cose, elevato alla potenza della percezione. Gli stati del nostro esistere. Una folle ed insensata speranza, quella di ”Ho visto un Dio”, e la sua visione di una divinità come un salvagente, quasi fosse l'ultimo pulsante di salvataggio da un mondo squallido, da una società brutale e crudele. Timida, quanto ingenua credenza, infantile consapevolezza. L'incomunicabilità, come degenerazione dell'uomo, la solitudine di “Numeri e Parole”, la contraddizione di un mondo pieno di certezze acquisite, di conoscenza acquisita, inutile, annullata dall'atomismo della nostra socialità, quella di persone legate ad ogni angolo del pianeta, quanto ignare di un contatto umano, seppur vicino, seppur istintivo. Cosa rimane? Una colonna sonora, echi di Grimes, Neon Indian, aperture, una serie di evocazioni, diapositive folli e caleidoscopiche del nostro esistere. Disordinato, come un concetto di logica sempre mutevole, come gli assiomi della nostra coscienza, sempre mutevoli, quanto incerti. Sfuggente a qualsiasi razionalizzazione.

Un destino mutevole, come l'umore, come le nuvole che coloravano il cielo amazzone nel tramonto, le piante, lo specchio dei fiumi. Di quelli che in fondo ti fanno ricongiungere a casa tua, di quelli che ti fanno sentire parte di un mondo, sempre uguale a sé stesso, in fondo. Come nella traccia omonima, “Nessuno potrà mai rubarti questo”. Umano, nonostante i misteri, nonostante le mitizzazioni. Nonostante tutto.

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