Perchè Adam Duritz sta sulle balle a tanta gente?
Forse perchè (lo ammetto) a volte canta come se avesse due banane infilate nelle narici, o perchè (si vocifera ma, si sa, l'artista tormentato ha sempre il suo fascino...) si sia spupazzato alcune notevoli patacche in zona Hollywood?
Alucni lo tacciano di essere un fighetto sotto mentite spoglie e di portare avanti un discorso musicale stantio e di scarsa ispirazione, altri dicono che la sua band non sa suonare; io dico che Adam Duritz mi piace, non perchè sia un bell'ometto, intesi... Neppure io sono un adone, ma vorrei avere i capelli come i suoi (la pancetta come lui già ce l'ho) e, più di ogni altra cosa, vorrei riuscire a scrivere belle canzoni come lui.
In fondo, quando uno decide di fare musica, non è solo questo che conta?
Di canzoni belle (in alcuni casi splendide) vi è abbondanza in questo dischetto uscito nel 2003, riassunto non del tutto esaustivo dei primi 4 album dei Counting Crows; grazie al cielo ci viene risparmiato il famigerato "Greatest Hits" (che per molte band dovrebbe essere composto da massimo 3 o 4 brani) e si opta per un più azzeccato "Best of...", andando quindi a pescare anche brani meritevoli che probabilmente non sono mai stati trasmessi alla radio, come la favolosa "Mrs. Potter's Lullaby", 7 magici minuti in pieno stile Van Morrison, oppure "Anna Begins", forse la vera perla di "August And Everything After" assieme a "Rain King" (la mia preferita, una canzone che non manca mai di mettermi di buon umore).
Non mancano le ovvie concessioni alle classifiche, come "Mr. Jones", "Big Yellow Taxi" (cover della sublime Joni Mitchell) ed "American Girls", forse la più debole del lotto assieme ad "Hanginaround".
L'impressione che deriva dall'ascolto della raccolta è che i CC riescano ad esprimersi meglio quando i suoni delle chitarre elettriche sono meno invadenti e la melodia prende il sopravvento sul ritmo, impressione confermata, a mio avviso, dall'ultimo lavoro, diviso in 2 parti distinte, una più rockeggiante ed una acustica; come rimanere indifferenti all'ascolto della meravigliosa cover stile roots di "Friend of The Devil" dei Grateful Dead, o della splendida, pianistica "A Long December" (per il sottoscrittto carica di significati con i quali non vi annoierò...).
"Quindi in questo disco ci sono il rock e le chitarre ma anche le ballate in punta di mandolino... Cosa manca, allora?"
Ad occhio e croce, direi che manca "August and Everything After" nella sua intierezza, opera ancora insuperata dai nostri per qualità complessiva del songwriting ed acerba emozionalità; hanno prodotto grandi cose dopo quel disco, ma nulla che ne avesse la stessa ispirata malinconia e la stessa urgenza espressiva.
"Films About Ghosts" è comunque un disco di livello più che buono per gli amanti di queste sonorità, o comunque della musica non troppo complicata e cerebrale; oggi come oggi, però, i Counting Crows sono probabilmente meglio su di un palco che su disco.
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