Quando si entra in contatto con una forma d'arte da cui si viene attratti ed affascinati, uno degli stimoli più logici ed immediati è sicuramente quello di esplorare a fondo le origini di quella determinata modalità espressiva e coglierne l'istinto più primordiale; è un automatismo per ogni vero appassionato di arte, in qualsiasi forma essa si presenti, ed ovviamente la ricerca delle origini ha riguardato anche me e la mia recente ma profonda passione per il Futurepop. Tra tutti gli innumerevoli generi e sottogeneri in cui mi sono imbattuto questo si avvicina particolarmente, in linea di massima forse più di qualunque altro, a quello che io cerco nelle musica: semplicità nelle forme e ricchezza nei contenuti, ed una proposta molto più ampia di quanto possa sembrare a prima vista: sonorità che spaziano dal synth-pop all'industrial, dal gothic all'elettronica e tematiche profonde e mai banali, distorte visioni fantascientifiche, suggestioni esoteriche, labirinti psichici, istinti distruttivi ed imprevedibili. La tela è molto versatile e permette di sperimentare molte coloriture ed abbellimenti diversi, ma risalendo alla radice, non solo in termini cronologici ma anche stilistici, alla forma originaria, più disadorna, più basica, cosa si trova? Si trova "Dreams Of A Cryotank" dei Covenant.

Questo disco del 1994 è stato veramente il Big Bang del FP? Con ogni probabilità si, ma è questo il punto: prima di ogni cosa, "Dreams Of A Cryotank" rappresenta una spettacolare entrata in scena per uno dei grandi pilastri della scena, i Covenant, orginari di Helsingborg, Svezia, all'epoca un trio composto dal cantante Eskil Simonsson, Joakim Montelius e Clas Nachmansson, tutti convolti in parti uguali nel lavoro di composizione e produzione dell'album. L'ormai lunga e produttiva storia di questa ensemble è caratterizzata da continue oscillazioni tra ispirazione e manierismo, il livello qualitativo delle loro opere non è mai stato costante, ma l'esordio fa storia a sè.

Embrionale è sicuramente l'aggettivo che meglio di ogni altro descrive "Dreams Of A Cryotank": ci sono abbozzi di idee, di melodie, c'è un songwriting di alto profilo ma tutto questo rimane appena abbozzato, e passa in secondo piano rispetto alle incessanti, metodiche e telluriche pulsazioni ritmiche che imperversano per tutta la durata dell'opera. Se cercate un ascolto eclettico ed imprevedibile rivolgetevi altrove, la forza di "Dreams Of A Cryotank" sta tutta in una ripetitività quasi ossessiva, e per un album che si propone di descrivere lo scenario distopico di un mondo ridotto in macerie post apocalisse tecnologico-nucleare è una scelta assai logica ed azzeccata. L'imprinting industrial-EBM è ovviamente fortissimo, e si manifesta con esiti a volte orecchiabili, maestosi ed epicheggianti, come nel caso di "Replicant", "Speed" e di "Theremin", cavalcata visionaria e brano simbolo dell'album, ma più spesso in tonalità alienanti e contorte, ulteriormente valorizzate dal recitativo carismatico di Eskil Simonsson; disadorni, acidi e decadenti, episodi come "Hardware Requiem", "Wasteland" e "Shipwreck" rappresentano in linea di massima quello che "Dreams Of A Cryotank" ha da offrire, mentre con l'incubo post-atomico glaciale ed allucinato di "Shelter" l'opera raggiunge il proprio apice espressivo. L'album d'esordio dei Covenant non fa sicuramente della velocità una propria caratteristica saliente, anzi, i ritmi sono quasi sempre stentorei, solenni, indugianti, come una processione tra la rovine di una civiltà alla deriva, solo in "Edge Of Dawn" prevale un approccio meno claustrofobico, quasi ballabile anche se intriso di una mistica visionaria a'la Jaz Coleman.

Dieci canzoni ed un'efficacia, una coesione stilistica ed un'ispirazione potente ed evocativa veramente encomiabile, fatta eccezione per un peccato di superbia come i 23 minuti di nulla o quasi di "Cryotank Expansion", un esercizio di stile veramente fine a sè stesso; ma per l'importanza storica e per le qualità espresse si può tranquillamente perdonare. Nel complesso "Dreams Of A Cryotank" perde il confronto con l'esordio dei VNV Nation, "Advance And Follow", in quanto a carisma, impatto emotivo e tasso di genialità e non è neanche il disco migliore dei Covenant, superato dalla maturità e dalla perfezione tec(h)nocratica del successivo "Sequencer", ma è grazie a DOAC che il combo svedese è riuscito ad aprire questo nuovo fronte, cementando le fondamenta di una nuova ed affascinante corrente artistica. Sicuramente non è qualcosa di cui tutti possono vantarsi, e farlo con un gran disco come questo merita sicuramente il massimo dei voti honoris causa.

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