Cosa sono gli Ep nel 90% dei casi?… semplicemente degli inutili riempitivi per tirar su qualche spicciolo extra fra un disco e l'altro? Bè, solitamente non posso che trovarmi d'accordo, ma come si dice "non di bisogna far di ogni erba un fascio!" Ed eccomi qui a recensire questo squisito gioiellino targato Cradle of Filth, a mio parere (almeno fino al 2000) una band fondamentale non solo per il panorama estremo ma anche per l'intero metal in generale.
I nostri vampiri inglesi ci stupiscono con un piccolo album raffinato, studiato ed impacchettato alla perfezione, un ottimo disco, compatto, senza particolari cali di tono, volendo anche sperimentale (vd. cover dei Sister of Mercy "No time to cry") e con qualche canzone capolavoro. Superiore a "Midian" e anche al successivo controverso "Damnation and a day", due dischi buoni ma lungi da capolavori immensi del calibro di "Dusk" e di "Cruelty", questo "Bitter suites to succubi" parte subito bene con una tenebrosa strumentale, classica intro alla Cradle e l'adrenalinica "All Hope in Eclipse", canzone che non ha nulla da invidiare a "Cthulu Dawn" del precedente platter. Fin qui uno dice " bè, non male" ma… aspettate signori, il bello deve ancora venire. Quindi, eccoci innanzi ai due capolavori del disco; per prima le nostre orecchie saranno liete di essere maltrattate ma allo stesso tempo ammaliate dalla bellissima "Born in a burial gown" da me considerata l'ultima canzone capolavoro dei Cradle e dal remake straordinario (probabilmente meglio dell'originale!) di "Summer dying fast", canzone già eccezzionale sul disco d'esordio (The Principle of Evil Made Flesh) e resa in quest'album ancora più bella da un meraviglioso ed emozionante finale di tastiera e voce femminile che si intrecciano come in un orgia romantica e diabolica allo stesso tempo, difficile da spiegare, ascoltare per credere. Il disco scorre bello e deciso, i musicisti sono ispirati ed in forma, soprattutto i grandi, immancabili, immortali 165 cm di Mr. Dani FIlth al microfono. Altri due remake dal debut album, precisamente si tratta della title- track, qui suonata discretamente e dell'immensa "The black goddes rises", la quale aimè con tutta la buona volontà non raggiunge gli inarrivabili picchi gotico orrorifici della versione originale.
Degna di nota anche la conclusiva "Scorched earth erotica", un brano un pò atipico ma molto avvincente. In conclusione, che dire, se siete dei fan dei vampiri inglesi un ascolto è d'obbligo, se odiavate già la svolta extreme/gothic avvenuta con "Cruelty" questo disco non potra che farvi schifo come gli altri… ma in fondo come si dice "de gustibus… "…
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