La serata di Halloween riesce sempre a conservare un fascino particolare: echi di antiche leggende, cucurbitacee diaboliche, il sacro rito del "trick or treat" e il conseguente lancio di uova sulle case degli avari...si potrebbe continuare all'infinito. "Quale giorno migliore, allora- avranno pensato i Cradle Of Filth- per pubblicare il nostro nuovo album?" Già, perché i Cradle sono tornati, e una recensione, volenti o nolenti, bisogna farla, incuranti di essere bollati come "pseudo-metallari" e della pioggia di critiche feroci che il disco comunque si beccherà.

"Darkly, Darkly, Venus Aversa": è questo l'interminabile titolo del nono lavoro dei COF, un concept-album (ben lontano dai livelli di "Cruelty And The Beast", of course) che ruota intorno alla figura della demoniaca Lilith, la presunta prima moglie di Adamo, cacciata da Dio perché contraria a sottomettersi all'uomo. A detta della stessa band di Dani Filth, un lavoro molto "femminile", che si contrappone al precedente "Godspeed On The Devil's Thunder" e in cui le usuali atmosfere orrorifiche (si fa per dire) si sposano con un romanticismo ineffabile, sensuale e peccaminoso.

"Sì, ok -starete dicendo voi -tutto molto bello fin qui...ma la musica?" Beh, non fatevi ingannare dal singolo "Forgive Me Father (I Have Sinned)", creato apposta per vendere e peggior traccia del disco a mani basse. Vi basti sapere che, dopo quell'obbrobrio abominevole noto come "Thornography", i COF non sono più scesi a quegli infimi livelli, e "Darkly, Darkly, Venus Aversa" ne è una riprova. Nell'opening-track ("The Cult Of Venus Aversa") sono le note di un clavicembalo ad accompagnare la voce profonda di Lilith, regina del Buio; qualche parola di benvenuto, e una tremenda accelerata di batteria dà ufficialmente il via al pandemonio, che continua fino a "The Persecution Song", una vera e propria oasi. Il disco procede su questi binari, con una grande Ellyllon alle tastiere, un Dani Filth che regge le sue urla straziate sempre meno (ma in compenso è sempre stronzo uguale), lamenti di anime dolenti, controcanti femminili e qualche sporadico momento di stupore (quale il riff thrash, quasi hard-rock, di "Deceiving Eyes"). Così, tra devastanti mazzate e tratti più tenui e delicati, l'album, dopo che il demone dalle ali di libellula ci ha salutati per l'ultima volta ("Beyond The Eleventh Hour", la più riuscita del lotto assieme alla traccia iniziale), volge alla conclusione.

Insomma, i Cradle Of Filth tornano con un lavoro che, nonostante offra una proposta musicale sentita e risentita, si può sicuramente giudicare come convincente e ben equilibrato. Il gruppo del Suffolk non raggiungerà mai più le vette un tempo scalate, ma poco importa. Nell'ambito metal c'è questo difetto: paragonare continuamente una band col suo passato. Oggi, i COF sono questo, quindi non fatevi tanti problemi e godetevi un'ora abbondante di musica che, considerato che è stata composta da una band che ritenevo finita, mi ha piacevolmente sorpreso...e vi sorprenderà.

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