“E più strani ancora sono i bunker nazisti del Vallo atlantico, molti dei quali sono ancora in piedi, e più grandi di quello che ci si aspetti. Cattedrali dell’era spaziale, essi sfidano il paesaggio circostante come linee di cavalieri teutonici, e sono ottimi esempi di architettura criptica, in cui la forma non rivela più la sua funzione. Sembrano contenere i codici di qualche misterioso processo mentale. A Utah Beach, la striscia più deserta della costa della Normandia, si ergono sulla sabbia bagnata, più vecchi del pianeta. Durante le visite che facevamo con il mio agente e con sua moglie ero solito fotografarli ossessivamente”.

James Graham Ballard

È dall’immaginario dello scrittore inglese di fantascienza apocalittica James Graham Ballard che prende il via la mitologica epopea post-industriale dei Cranioclast, duo di Hagen, piccola cittadina vicina al bacino carbonifero della Ruhr. Dei 2 componenti non si sanno neanche i loro nomi: si sono ribattezzati Sankt Klario e Soltan Karik, anagrammi della stessa parola Cranioclast. La loro carriera ha preso avvio nei primi anni ‘80 in cui pubblicarono nel 1985 il poderoso Koitlaransk a cui veniva accoppiata la cassetta dal vivo Ration Skalk. Fra rimbombi e clangori industriali i Cranioclast riescono qui a creare una sorta di linguaggio cupo e pesante, riflesso dell’area geografica di provenienza. Numerose sono le citazioni “ballardiane” presenti nel booklet della ristampa e i Cranioclast, in una rara intervista alla rivista italiana Deep Listenings, dichiararono che Ballard aveva contribuito a plasmare il loro immaginario. Non è un caso credo che il duo teutonico abbia creato una musica così originale pur venendo etichettati nel contesto industrial. La Germania è la patria della Musica Cosmica tedesca e di gruppo sperimentali come i leggendari Faust, A mio avviso il vertice della loro arte viene raggiunto con Iconclastar del 1992: l’album è diviso in 2 capitoli, uno pubblicato dall’etichetta italiana Musica Maxima Magnetica di Luciano Dari e l’altro dall’americana Dom. Si tratta di musica composta da lunghi drones ipnotici che riescono a portare l’ascoltatore in una dimensione profonda e altra. Forse la mia preferenza va leggermente al disco della Dom che riesce, con il suo dark-ambient minimale e siderale, a raggiungere livelli di trascendenza del suono che ho riscontrato solo nei Zoviet France. Da un po’ sono spariti rimanendo avvolti in un alone di mistero. A noi importa solo che qualcuno in quel di Hagen ha tramato nel buio scavando all’interno del nostro inconscio e facendone emergere gli archetipi più nascosti.



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