Massacri sonori, sporcizia sonica e industrialismi fuori dal mondo ci raccontano vecchie battaglie ambientate in luoghi sotterranei dove il tempo è sospeso, l'atmosfera tesa e la luce del tutto assente.

E' il capolavoro massimo dei Cranioclast, pesi massimi dell'industrial più cupa e astratta che, contrariamente alle usanze di questa mai troppo celebrata realtà, hanno pubblicato soltanto una manciata di dischi ma, quasi tutti di alta qualità e dalle venature molto innovative. Venature che emergono in tutta la loro genialità in questo primo album, uscito nel 1985 per la misteriosa Principe Logique, un disco che mi avrete visto citare spesso in varie recensioni, un disco che non esiterei a piazzare tra i migliori di tutti i tempi.

Orientato su oscure forme post-industriali che puntano al dettaglio e al soundscape cosiccome ad un atmosfera ora ritual ora mantrica "Koitlaransk" è un opera decisamente fuori dagli schemi, un opera incredibilmente avanti se pensiamo che idee simili le stiamo sentendo soltanto di recente tramite artisti quali Shackleton e Demdike Stare; un disco che vive di vita propria,  probabilmente non di facile fruizione ma semplicemente irrinunciabile una volta compreso in tutta la sua magniloquenza. Affilatissime lame rumoristiche, subdoli tribalismi voodoo e droni fuori dal mondo simboleggiano l'ideale punto d'incontro tra due entità leggendarie quali Nurse With A Wound e Zoviet France, la disintegrazione dei nastri e la sporcizia compositiva richiamano invece ai primi Controlled Bleeding e al David Jackman più folle, e scusate se è poco. Il suono di questo monolite è oscuro e visionario, un mostro temibile nel suo andamento subumano e sepolcrale: fuori dal mondo, l'ho già detto?

Dopotutto mi piace citare "Koitlaransk" come manifesto di quella che è a mio avviso la massima espressione artistica che il mondo musicale abbia mai potuto conoscere (o non conoscere a seconda dei casi): l'industrial nelle sue forme più sotterranee. L'underground più puro, DIY, calcio in culo ai distributori e quanto di più lontano ci possa essere dai riflettori del rock, dai lustrini del pop, da majors sanguisughe, hype stucchevoli e marketing finalizzati al mero lucro. E quello che più stupisce - e che differenzia questo disco da terzi masterpiece della scena industriale - è proprio il senso di 'sotterraneo' che riesce ad emanare. Qualcosa di arduo da spiegare a parole. Qualcosa di indimenticabile quando le orecchie vengono chiamate in causa.

Non lo troverete nelle top di tutti i tempi, non lo troverete nei libri, non lo troverete nelle classifiche in giro per il web, ma una cosa è certa: questo è un fottuto capolavoro.

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