Il cuore. Un muscolo che funziona da solo, senza bisogno che gli si dica niente. Un muscolo che ci tiene in vita, ci scalda, ci fa ragionare. Senza cuore, non c'è emozione e senza emozioni non potrebbe esistere la musica. Ecco perchè amiamo ascoltare la musica. Ecco perchè non possiamo fare a meno della musica. Perchè vogliamo provare le emozioni vive e potenti dentro al nostro cuore.
Difficile riuscire a rimanere impassibili ascoltando "Knots", secondo disco degli inglesi Crash Of Rhinos. Undici tracce sudate, muscolose, drammatiche e violente. Testi intensi, fatti di frasi che riempiono gli occhi di lacrime e il cervello di passioni ormai passate.
La potenza di "Opener" è impossibile da frenare. Due bassi, una batteria suonata come fossero due, voce roca che sembra lì lì per rompersi in un pianto di rabbiosa malinconia. "Interiors" scava nelle viscere ancora più a fondo e scaraventa il nostro essere adulti da un'altra parte, lasciandoci per qualche minuto al nostro lato adolescente, che abbiamo voluto nascondere troppo presto. Anima, ossa e muscoli si fondono, dialogano, interagiscono e fanno in modo che le emozioni sgorghino. Le emozioni di un tempo, quando andavamo al liceo incurvati per lo zaino troppo pesante, quando l'unico nostro pensiero fisso era apparire fighi di fronte alla ragazza che amavamo di nascosto. Quando ascoltavamo i Fugazi e i Sunny Day Real Estate e soffocavamo il malessere dentro al cuscino nella nostra cameretta.
I Crash Of Rhinos si portano su territori emo, post-hardcore e math. Generi forse sorpassati, forse troppo "da ragazzini", ma che alla fine fanno emozionare anche noi che ragazzini non siamo più. Insieme ai colleghi The World Is A Beautiful Place & I Am No Longer Afraid To Die stanno ridando linfa vitale a questa musica, portando l'asticella della qualità più in alto di quanto si potesse immaginare.
La lunga "Impasses" e la successiva "Mannheim" fanno venir voglia di metterle in loop, ascoltarle a ripetizione senza che nessuno possa disturbarci. Sentiamo la controvoce in sottofondo, in contrasto con la delicata voce solista e proviamo qualcosa di irrefrenabile, di debilitante, di assurdamente meraviglioso. Le chitarre salgono, vibrano e fanno vibrare le membra. Salgono ancora, aumentano di volume e poi esplodono. Ci esplodono dentro e noi le lasciamo fare, lasciamo che ci aprano il cuore di nuovo e ci facciano rivivere momenti lontani che rimpiangiamo. Momenti che ci hanno segnato, ci hanno fatto male. Momenti che ci hanno fatto diventare ciò che siamo oggi.
Mai un momento di noia in questo disco, mai un attimo di vuoto. Cinquantadue minuti tra i più coinvolgenti di quest'anno, minuti preziosi che vanno assaporati. La malinconica e lenta "Lean Out" ricorda da vicino i Death Cab For Cutie, quelli del loro bellissimo "Transatlanticism" di dieci anni fa. Dieci anni fa, proprio quando passavamo le nottate svegli, seduti sul davanzale della finestra a guardare fuori, ad osservare le luci della città desolante, a pensare a cosa fare della nostra vita. E poi arriva il finale. Come in tutte le storie vere, il finale è il più debordante, il più emozionante e quello che più di tutti fa buttar fuori tutto ciò che hai scaldato dentro per anni e lasciato raffreddare una volta cresciuti. "Speeds Of Ocean Greyhounds" sono sei minuti e mezzo in cui capiamo, se ancora avessimo dei dubbi, dell'enorme capacità dei Crash Of Rhinos di fare musica sincera, potente, vera. Musica di pancia, che non guarda alla tecnica ma lascia che sia il flusso di note stratificate a fare da legame indissolubile tra noi e lei. Perchè in fondo, il legame più stretto che ci sia è proprio quello tra noi, la nostra vita passata e presente e la musica.
Il cuore. Nulla esisterebbe senza cuore. Questo disco è fatto con il cuore, fa palpitare il cuore e lascia che sia il cuore a comandare la nostra vita.
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