Il gruppo "the Cream" pone il proprio lavoro come pietra angolare del passaggio tra blues e rock, finalizzatosi in Inghilterra nella metà degli anni '60. In realtà la critica musicale più recente, parla di una scena revival che, in un contesto già progressive, cerca di recuperare l'ispirazione e l'equilibrata energia che contraddistingue il blues, uscendone dai suoi consolidati schemi. Quale che sia la visione che si voglia abbracciare tra le due, queste innegabilmente convergono sulla fine del blues, con il rock che sceglierà le strade aperte dalla chitarra di Hendrix o della psichedelia dei Floyd, che nel loro intersecarsi generalo un flusso di correnti che la musica leggera non conoscerà mai più.Se è vero che alcuni caratteri ne sono tutt'oggi riconoscibili, è altrettanto vero che possiamo individuare come punto d'inizio il 1966, quando il genio che polverizza gli Yardbirds prende forma nelle realizzazioni dei suoi inventori.
In un' intervista rilasciata nell'aprile di quest'anno, Jack Bruce spiega ad Ernesto De Pascale come "... i Cream volevano essere un gruppo di puristi”contemporanei” e credo che questo non lo abbia capito nessuno e pochi lo hanno saputo leggere nel nostro repertorio anche se l’imprimatur del primo album mi pare chiaro".
Nella sua riflessione si coglie facilmente l'amarezza di quel grande musicista cui l'esperienza the Cream non hai concesso spazi d'espressione tali da permettergli di mantenersi all'apice della scena al suo termine, eppure è un'analisi certamente lucida. In effetti l'intuizione di un trio che suonasse blues ma in modo "elettrico" ha la podestà di Ginger Baker, il sound raggiunto nel suo momento più maturo gli inimitabili caratteri di (slowhand) Eric Clapton; in realtà, quando quest'ultimo assume con la benedizione del presidente della casa discografica anche quel ruolo di vocalist originariamente a Bruce destinato, il progetto the Cream segna al contempo l'inizio del suo successo commerciale e della sua fine.
The BBC sessions raccoglie 22 brani inediti e un booklet con foto ed interviste dell'epoca, tutt'altro che esaustivo. Certamente non è il miglior disco del gruppo e per qualità della registrazione è senza dubbi il peggiore. Le canzoni suonano "sporche" e non forniscono spunti di particolare rilievo rispetto alle versioni degli albums regolari. Certamente chi si volesse avvicinare ai Cream da profano dovrebbe dare la priorità a lunghi e ripetuti ascolti di "Disraeli Gears" e "Wheels of Fire", con il primo in particolare, omogeneo e tutto da studio, che sprigiona una tale ricchezza di suoni e colori che difficilmente può non tramutarsi in passione per chi lo ascolta. Ma per un ascoltatore incallito, dopo aver dato fondo all'esiguo materiale che i nostri hanno registrato per nemmeno tre anni di solidalizio, dopo aver imparato a riconoscere solco per solco gli scoppietii dei propri vinili, giacché per certe cose soltanto il preservativo riesce a togliere più gusto di quanto ne tolga il digitale; rassegnatosi ormai a masticare e a digerire quello che trova come fossero hamburgers, ecco che per quello l'ascolto delle BBC sessions permette di seguire l'evoluzione del suono Cream con la partecipazione con cui si osservano le vecchi foto di classe alle elementari quando ogni tanto si fa spazio in cantina. Nelle fisionomie di ogni bambino che era, ripensi alla sua storia. Allo stesso modo, nei suoni sfocati di Cat's Squirrel ritrovi il cugino dei Led Zeppelin che tanto ti hanno segnato; nel non cantato di Sweet Wine capisci finalmente, dopo tanti anni, come mai trovavi scritto che Hendrix li apprezzava e li seguiva; Rollin' & Tumblin' e Lawdy Mama, con il loro arcaico blues, ti fanno pensare ai maestri e, addirittura, per l'emozione ti pare di riconoscere i Radiohead nell'attacco di batteria con il giro di basso di "I'm so glad"!
Un Cd che merita di trovare spazio nelle migliori collezioni di chi sa apprezzare la musica di qualità.
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