Ultima fatica in studio per la band statunitense, un suicidio musicale intenzionalmente voluto all’apice della loro fama.

Nel 1972 in vista del nuovo disco John Fogerty, leader carismatico del gruppo, obbliga i suoi compagni a collaborare nella stesura dei testi e della musica, ma il risultato è palese fin dal principio: scatafascio della (fino ad allora) perfetta macchina Creedence, critica spietata e fan increduli.

Le canzoni non cantate da Fogerty lasciano il tempo che trovano: dalla pallida copia di loro stessi in “Take it like a Friend” al vergognoso country rock di serie B in “Tearin’ up the Country”,  dallo stentato rock orecchiabile di “What are you gonna do?” all’insipida miscela né carne né pesce di  “Sail Away” per concludere con l’anonima “Door to Door”.

Tra queste, si salva discretamente la tutta sommato piacevole “Need Someone to Hold”.

Il disco agguanta la quasi sufficienza con i pezzi cantati dal leader: il country rock spensierato di “Looking for a Reason”, la splendida e toccante “Someday Never Comes” (miglior pezzo del disco) e la azzeccata rilettura del classico di Ricky Nelson “Hello Mary Lou”. Infine, nella zona Cesarini del lato B, la più che buona nonché famosa “Sweet Hitch-Hiker”.

I colori cupi della copertina, la fanciulla ivi rappresentata e il contenuto dei solchi non richiamano certo il clima festante del “mardi gras”. Qui di goloso e prelibato vi è quasi nulla. E’ un crepuscolo, un totale fallimento in termini di critica e vendite (si rifaranno quattro anni dopo con la multi milionaria raccolta “Chronicle”). I Creedence si sciolgono lo stesso anno. 

John Fogerty proseguirà con una felice e feconda carriera solista, il fratello Tom avrà meno fortuna, mentre i restanti Stu Cook  e Doug Clifford alterneranno i rispettivi lavori personali al progetto satellite Creedence Clearwater Revisited, tramite il quale tutt'oggi ripropongono in maniera itinerante i grandi successi del gruppo padre. 

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