PENDULUM (versione rimasterizzata su CD 1990).


Tracklist:
1. Pagan Baby / 2. Sailor's Lament / 3. Chameleon / 4. Have You Ever Seen The Rain? / 5. (Wish I Could) Hideaway / 6. Born To Move / 7. Hey Tonight / 8. It's Just A Thought / 9. Molina / 10. Rude Awakening #2.

Una premessa è d’obbligo: molto spesso si usano indistintamente le parole «banda» e «gruppo». Se c'è una differenza fra i due termini è in ciò che presuppongono: una banda è necessariamente organizzata attorno ad un leader carismatico (il capo) e finisce d’ essere tale con la sua scomparsa. Un gruppo, invece, può nascere attorno questa figura ma poi si «burocratizza» e riesce a sopravvivere anche in sua mancanza.

I Creedence Clearwater Revival sono una band, nel vero senso del termine: il leader, indiscusso ed indiscutibile è John C. Fogerty. E’ lui che compone. E’ lui che arrangia. E’ lui il cantante solista. E’ lui il chitarrista solista. E’ lui che decide. E’ lui, insomma, che comanda, nel bene e nel male.
Su PENDULUM (Dicembre 1970), critica e fans si dividono nettamente fra refrattari e sostenitori (più i primi, soprattutto nella critica, che i secondi): questa recensione dimostra, piuttosto inequivocabilmente con chi io mi schieri. Non c’è alcun dubbio, invero, che il sound dei CCR è quello che trasuda dai solchi di “Green River”, “Willy & The Poorboys” e “Cosmo's Factory”, ma a chi scrive non dispiace vedere un artista (mi riferisco a John Fogerty, evidentemente) non fossilizzarsi e cercare nuove vie.

Il look molto provinciale con jeans, camicie a quadri e stivali da cowboys, d’altra parte, contribuiva già di per sè a generare uno storico equivoco: i CCR pescano molto nel folk e nel blues del sud degli Stati Uniti (in particolare il «cajun» della Louisiana e dintorni) ma non sono una southern band a tutti gli effetti, non sono conservatori negli intenti a dispetto del loro nome (che suggerirebbe solo un revival della tradizione blues), anzi si formano ed esplodono a Berkeley nei pressi di San Francisco, in quella California dove psichedelia, acid rock ed hippy style, sono tendenze che affiorano prepotentemente nella seconda metà degli anni ’60.

I Creedence, indubbiamente, nascono come una cover band e nel corso della loro carriera continueranno a proporre cover bellissime, a partire da “I put a spell on you” (di Jay Hawkins e prima grande hit) e “Suzie Q” (di Hawkins/Lewis/Broadwater) per proseguire con “Good Golly Miss Molly” (di Blackwell/Marascalco), “The Night Time Is The Right Time” (di Cadena/Hermann e grande successo di Ray Charles) e la celebre “I Heard It To The Grapevine” (di Strong/Whitfield e grande successo di Marvin Gaye), ma quando John Cameron Fogerty conquista la piena leadership, i Creedence diventano maestri copiati e stracopiati a loro volta: “Proud Mary” è il primo ed il più eclatante esempio di una lista abbastanza lunga.
La formula del successo è il groove degli arrangiamenti, su giri di accordi e linee melodiche molto orecchiabili (quando la semplicità è un’arte), con strumenti che non osano quasi mai: è la voce di John Fogerty, in parole povere, a meravigliare assieme all’autentica lezione ritmica che avrà numerosi studenti (famosi e non).

Tre i punti fondamentali:
1. Background: Rockabilly, Rhytm’n’blues, Folk e Country;
2. Cantato: (lo ribadisco) assolutamente sopra le righe;
3. Ritmica/Sound: grammatica base del rock (in questo sono stati rivoluzionari).

In questo penultimo lavoro della loro breve ed iperattiva carriera, i CCR aggiungono a quello che passerà alla storia del rock come il «bayou sound», tastiere e fiati, arrivando persino a sfiorare il progressive nella closer “Rude Awakening #2” che fa da contraltare alla pesantissima swamp-boogie opening: la mitica “Pagan Baby”.
Quel folk acustico che li aveva resi famosi (in tipiche «talking ballads» come “Lodi”, “Bad Moon Rising” e via di seguito), viene quì ripreso nella splendida ballad “Have You Ever Seen The Rain”: altro brano che sarà riproposto in seguito da vari artisti (una versione che ottenne un clamoroso successo negli anni '80 fu quella di Bonnie Tyler, senza dimenticare artisti più famosi come Springsteen, Ramones, R.E.M. e così via).

Altre ballate, però in un’inedita (ed alquanto discussa) chiave soul, sono “It's Just A Thought” e la bellissima “Hideaway” in cui l’hammond fa la sua dignitosissima parte. Il rock’n’roll in “Molina”, il boogie in “Hey Tonight” e l’etno-reggae in “Sailor’s Lament” conciliano non poco l’ascolto, mantenendo alto lo standard, così come il gradevolissimo funk in “Born To Move”: l’assolo sullo sfondo di trombe ed organo è, altresì, una piccola delizia. La sezione ritmica composta da Stu Cook al basso e Dough Clifford alla batteria (capaci strumentisti che accettano il ruolo subalterno inevitale di fronte allo strapotere del talentuoso leader), segue John Fogerty in quest’evoluzione del suono dei Creedence, senza tradire mai incertezze anche nel fresco rhythm’n’blues dal titolo “Chameleon”, nonché, nelle parti strumentali delle già citate "Born to move" e "Pagan Baby".
Chi s’oppone fortemente a questa decisa sterzata è il fratello maggiore e chitarrista ritmico Tom Fogerty (che aveva messo su la line-up ed allevato il fratellino sin dai tempi dei «Tom Fogerty & The Blue Velvets») che, poco dopo l’uscita dell’ album in questione, lascerà la band per una carriera solista abbastanza incolore. In sua assenza sarà pubblicato “Mardi Grass”: ultimo atto della band in cui, scosso dalle vicissitudini, il venticinquenne John Fogerty lascerà spazio a Cook e Clifford in sede compositiva, con risultati, a dire il vero, non molto apprezzabili.

Per completezza d’esposizione, aggiungo che nel 1990, muore Tom Fogerty (c’è chi parla di tubercolosi, chi di AIDS a causa di una sfortunata trasfusione) e tre anni dopo i CCR entrano nella «Hall Of Fame» (1993), mentre due anni dop (1995) Cook e Clifford si uniranno a Williamson e formeranno i Creedence Clearwater Revived che porterà in giro con scarso successo i brani del repertorio anche quando gli stessi membri originari (Clifford e Cook) abbandoneranno il fallimentare progetto. John Fogerty, che pur di proseguire senza i Creedence aveva accettato di rinunciare ai propri diritti con la Fantasy Records, alternerà alti e bassi in una carriera che continua fino ai nostri giorni.

Per quanto mi riguarda, considero "Pendulum" uno splendido album (sebbene non un capolavoro), adatto a tutte le stagioni: fra diversi stili, è riscontrabile una compostezza formale che è propria dei grandi artisti ed una interpretazione generale di John Fogerty semplicemente magistrale. In esso, Fogerty e soci sono gli antesignani massimi del roots-rock in gran voga di questi tempi. Posto che l’urlo di “Pagan Baby” m’accompagnerà per tutta la vita, obiettivamente consiglio quest’album ottimamente rimasterizzato su CD (1990) a chi non ha barriere musicali.

Un saluto ed alla prossima.

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