Gradito ritorno per i Crematory, band capostipite del gothic metal made in Germany che festeggia con questo "Pray" il 10° full-lenght in 17 anni di onorata carriera.
La storia recente della band ha visto, dopo un esilio volontario dal 2001 al 2003 e lo split dalla Nuclear a seguito del deludente "Revolution", un rinnovato sodalizio con la Massacre Records, sotto l'egida della la quale i nostri hanno rilasciato due anni orsono l'ottimo "Klagebilder", che vedeva tra l'altro un ritorno allla lingua madre già utilizzata in occasione dell'omonimo full-lenght del '96.
In quest'occasione tuttavia il five-piece tedesco torna al cantato inglese, abbandonando al contempo le tentazioni industrial che avevano contraddistinto il precedente platter in favore di un sound più ancorato al gothic metal tradizionale, seguendo un cammino per certi versi riconducibile a a quello recentemente intrapreso dai Paradise Lost.
Fin dalla traccia di apertura "When Darkness Falls" è possibile ravvisare quelli che saranno gli elementi costitutivi del platter: come di consueto è la contrapposizione tra le clean vocals di Matthias e il cantato gutturale di Felix a rappresentare il vero marchio di fabbrica dei nostri, mentre il resto della band asseconda il dualismo vocale alternando delicate melodie atmosferiche ad un wall of sound di matrice gothic.
Un bel giro di basso ed una melodia a là Rammstein introducono la più particolare "Left the ground" che, forse proprio per i suoi richiami alla geniale band di Till e soci, si configura come uno degli episodi meglio riusciti del disco, grazie ad un refrain di facile assimilazione che si stampa subito in testa per non uscirne più.
Meno convincente è la seguente "Alone", un mid tempo dominato dalla voce roca di Felix che tuttavia non emoziona come dovrebbe e che ci spinge a premere il tasto skip, anche perchè a seguire troviamo la danzereccia "Pray", non a caso scelta come primo singolo: in questo frangente le keyboard tornano finalmente a recitare un ruolo da protagonista e il ritornello risulta davvero ben congegnato, consegnandoci un pezzo che non avrebbe sfigurato all'interno di "Believe".
Molto piacevole è anche la successiva "Sleeping Solution", il cui mood malinconico viene interpretato alla perfezione dai due cantanti, mentre lo stesso non si può purtroppo dire della sesta traccia "Just Words" la quale, quasi a voler chiudere una sorta di chiasmo qualitativo, vede i nostri impegnati a sperimentare soluzioni minimaliste (le chitarre sono pressochè assenti) che tuttavia non lasciano il segno neanche dopo numerosi ascolti.
Per nostra fortuna con la successiva "Burning Bridges" (qualche richiamo agli Arch Enemy?) il numero di BPM cresce vistosamente e, quasi a voler compensare la povertà compositiva della precedente traccia, i cinque danno l'anima sui loro strumenti, offrendoci in questo frangente la miglior prova strumentale dell'intero lavoro.
Dopo la discreta ma tutto sommato canonica "Have you ever" il finale è in crescendo grazie ai buoni intrecci chitarristici di "Remember" (vicina ai già citati Paradise Lost dell'ultimo "In Requiem") e alle conclusiva "Say Goodbye", ennesimo pezzo dalle atmosfere dilatate che stavolta riesce però ad emozionare come dovrebbe grazie sopratutto al diverso dosaggio tra clean e growling vocals, ora sbilanciato in favore delle prime.
A conti fatti il nuovo lavoro dei Crematory si presenta dunque per certi versi come un passo indietro rispetto all'ottimo predecessore (almeno per chi, come il sottoscritto, del combo teutonico ha sempre apprezzato il lato più "tamarro"), ma, nonostante una tracklist altalenante, riesce a non sfigurare all'interno di una discografia di rilievo come quella dei cinque tedeschi, rispetto alla quale si pone come un utile compendio ad uso e consumo di vecchi e nuovi fan della band.
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